Dopo due settimane di scontri con i ribelli armati, l’esercito ha annunciato di aver ripreso il controllo della città strategica di Nabaak (o Nabak), nella regione di montagna del Qalamun, a nord della capitale, ma anche dell’autostrada Damasco-Homs. E’ proprio lungo l’autostrada, rimasta chiusa per 20 giorni, che transita l’arsenale nucleare siriano che viene smantellato dall’Organizzazione per il divieto delle armi chimiche (Oiac), in ritardo rispetto all’agenda prevista. Nei quartieri orientali di Nabaak combattimenti sarebbero ancora in corso tra le truppe regolari siriane e gli Hezbollah libanesi. Fonti dell’Oservatorio siriano dei diritti umani (Osdh, con sede a Londra) hanno segnalato “sacche di resistenza in alcuni quartieri”.
Per ora alcun bilancio degli scontri a Nabaak – abitata in prevalenza da cristiani di rito siriaco – è stato diffuso ma fonti di stampa panaraba hanno riferito di un “numero elevato di vittime”. Secondo quotidiani vicini al presidente Bashar al Assad sarebbero stati “catturati o uccisi un centinaia di oppositori” e ingenti quantità di armi sarebbero state rinvenute sul posto. L’emittente televisiva pubblica siriana sta ritrasmettendo immagini dalla piazza principale di Nabaak, annunciando che “la popolazione sta ritornando in città”. Nei combattimenti è stato ucciso un noto comandante di Hezbollah, Ali Bazzi, ma anche un numero imprecisato di civili, vittime anche di esecuzioni sommarie. A Nabaak, in stato di assedio dal mese scorso, scarseggiano medicinali e cibo.
Dal confinante Libano, dove 825.000 siriani in fuga hanno trovato rifugio dall’inizio del conflitto, le autorità di Beirut e l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) hanno lanciato l’allarme per una violenta tempesta che si sta avvicinando e rischia di causare ingenti danni, soprattutto nei campi sfollati sorti in modo spontaneo.
Nel millesimo giorno del conflitto il capo della diplomazia britannica, William Hague, ha dichiarato che “è giunta l’ora di porre fine alla guerra in Siria” mentre il capo della diplomazia francese Laurent Fabius ha espresso dubbi sulla possibilità che la conferenza di Ginevra 2, fissata per il 22 gennaio, possa portare ad “una soluzione rapida”. In base ai bilanci diffusi da fonti umanitarie dall’inizio della rivolta contro Assad nel marzo 2011 più di 126.000 persone sono rimaste uccise.
A complicare ulteriormente la crisi siriana è la molteplicità dei gruppi armati che combattono, le divisioni interne alla ribellione e l’ingerenza dei paesi della regione. Damasco ha chiesto all’Onu di adottare “misure immediate” nei confronti di Riad “affinché l’Arabia saudita assuma le proprie responsabilità nel diffondere ideologie estremiste e nel sostenere il terrorismo in Siria”. L’Osdh ha denunciato un’esecuzione sommaria da parte dei combattenti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) di un cittadino siriano a Idlib (nord-ovest) accusato di “blasfema”. Sempre secondo la stessa fonte i miliziani dell’Isil stringono l’assedio su centinaia di migliaia di curdi nella provincia di Aleppo (nord). Intanto oggi l’opposizione siriana dovrebbe pubblicare un rapporto che denuncia “una ventina di massacri con armi da taglio da parte delle forze armate regolari” dall’inizio del conflitto, costati la vita a 200 famiglie. Inoltre il quotidiano spagnolo El Mundo ha annunciato che il suo corrispondente Javier Espinosa e un fotografo indipendente Ricardo Garcia Vilanova sono stati rapiti lo scorso 16 settembre nella provincia di Raqqa, confinante con la Turchia, da un gruppo legato a Al Qaida.