La Turchia si è svegliata la mattina del 17 Dicembre con le notizie di una maxi operazione anti corruzione. All’interno dell’operazione sono statefermate più di 80 (8 arresti immediati) persone e dopo i primi interrogatori alcune di queste sono state rilasciate. Tra le persone coinvolte ci sono vari imprenditori (soprattutto edili) politicamente vicini al partito del governo (AKP) e cresciuti notevolmente durante gli anni del potere elettorale. Inoltre ci sono i figli di tre ministri, banchieri ed una serie di amministratori locali tra cui il sindaco del Municipio di Fatih (Istanbul), Mustafa Demir, zona conosciuta per il suo profilo politicamente vicino ai movimenti tradizionalisti e fondamentalisti extraparlamentari o parlamentari come quello dell’AKP.
Mentre il via vai tra gli uffici della polizia e le abitazioni (dove sono stati trovati soldi in contanti) delle persone coinvolte nell’inchiesta procedeva, i media hanno iniziato a pubblicare le riprese, le fotografie ed addirittura le mappe delle eventuali operazioni di corruzione, riciclaggio di denaro e tangenti.
I tre ministri coinvolti direttamente ed indirettamente all’operazione si sono dimessi il 25 Dicembre.
E’ stato Zafer Caglayan, Ministro dell’Economia, a comunicare per primo le sue dimissioni. Caglayan ha presentato le sue dimissioni attraverso un comunicato in cui difendeva il governo ed il suo partito AKP e parlava di un complotto contro di lui e del governo. Secondo la rete dei giornalisti indipendenti BiaNet le accuse avanzate dai giudici che riguardano Caglayan sono legate all’uomo d’affari Riza Sarraf ed a suo figlio Kaan Caglayan. Le accuse si concentrano sul denaro passato da una parte all’altra in cambio di favori lavorativi e politici. Durante le perquisizioni effettuate presso le abitazioni delle persone arrestate la polizia non era riuscita a controllare la casa di Kaan Caglayan perché era intestata al nome del Ministro Zafer Caglayan, suo padre.
Poco dopo questa prima comunicazione sono arrivate le dimissione del Ministro degli Interni Muammer Guler. Anche Guler ha comunicato ai media la sua dimissione attraverso un comunicato stampa specificando come Caglayan che secondo lui è in atto un’operazione sbagliata contro il governo ed il suo partito AKP e sia lui che sui figlio coinvolto nell’inchiesta sono innocenti. Durante le perquisizioni presso l’abitazione di Baris Guler, figlio del Ministro, coinvolto nell’inchiesta, la polizia aveva trovato denaro in contanti custodito in una serie di casseforti. Secondo il Ministro sono i soldi ottenuti dall’acquisto di una villa di suo figlio. Muammer Guler è laureato in giurisprudenza e dal 1982 lavora nell’ambito politico come dipendente statale, prefetto e parlamentare. Il giornalista Hirant Dink fu assassinato nel 2007 quando Guler era prefetto di Istanbul. Nel 2012 la famiglia del giornalista avevano avanzato la richiesta di inchiesta nei suoi confronti perché aveva agevolato l’uccisione di Dink non svolgendo correttamente il suo lavoro. Tuttavia Guler era diventato il Ministro degli Interni. Guler è conosciuto anche con la sua decisione di impedire le manifestazioni del Primo Maggio del 2007, 2008 e 2009 in cui sono rimaste ferite parecchie persone scese in piazza a manifestare.
Successivamente a presentare le sue dimissioni da Ministro è stato Erdogan Bayraktar, Ministro dell’Ambiente e dell’Urbanistica. Due temi duramente messi in discussione in Turchia durante il governo dell’AKP e durante la rivolta del Parco Gezi. A differenza di altri due ministri, Bayraktar ha rilasciato un breve comunicato a voce. Bayraktar durante un collegamente telefonico con il canale telvisivo nazionale Ntv ha detto: “Le progettazioni edili che fanno parte dell’inchiesta sono state realizzate con l’ordine del Primo Ministro, dovrebbe dimettersi anche lui”. Bayraktar prima di entrare in politica ha lavorato nell’ambito universitario e dopo di che ha lavorato vari anni come amministratore locale facendo parte delle famose progettazioni urbanistiche promosse dal governo come progetti di riqualificazione urbanistica.
In prima serata è arrivata la notizia di una nuova dimissione. Stavolta a lasciare il governo era uno dei fondatori dell’AKP ossia l’ex Ministro degli Interni, Idris Naim Sahin, uno dei personaggi importanti del governo; nel suo comunicato stampa di dimissioni ha criticato varie dinamiche interne del partito.
A proposito quello che è accaduto il 25 Dicembre lo stesso giorno Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan è apparso davanti alle telecamere in un comizio del partito al governo AKP. Nel suo discorso Erdogan ha difeso l’operato del suo governo di 11 anni, ha criticato l’opposizione, ha specificato che le parti cattive del suo governo non ne fanno più parte, ha criticato lo svolgimento dell’inchiesta ed ha specificato che il suo partito è arrivato ad un certo punto di successo grazie al permesso di Allah. Erdogan ha parlato anche dei nuovi progetti e delle elezioni amministrative in arrivo specificando che “…nella nuova Turchia non ci saranno più dei complotti internazionali contro il consenso del popolo e contro l’economia…”. Erdogan ha detto che i complotti del genere sono stati fatti anche contro gli ex Presidenti e famosi politici come Menderes, Ecevit, Erbakan, Ozal, Demirel e Baykal.
In tarda serata Erdogan è apparso di nuovo davanti alle telecamere dopo il suo incontro con il Presidente della Repubblica Abdullah Gul per comunicare i nomi dei nuovi ministri. Quindi i nuovi ruoli sono così: Vice Primo Ministro, Emrullah İşler, Ministro della Giustizia, Bekir Bozdağ, Ministro delle Politiche Sociali e della Famiglia, Ayşenur İslam, Ministro dell’Economia, Nihat Zeybek, Ministro dell’Ambiente e dell’Urbanistica, İdris Güllüce, Ministro della Gioventù e dello Sport, Akif Çağatay Kılıç, Ministro degli Interni, Efkan Ala, Ministro dell’Infrastruttura, Lütfü Elvan, Ministro della Tecnologia e dell’Industria, Fikri Işık, Ministro per i Rapporti con l’Unione Europea, Mevlüt Çavuşoğlu.
Nel frattempo più di 150 dipendenti della polizia tra cui anche i capi della polizia (come quello di Istanbul, Hüseyin Çapkın), i vice e diversi agenti ad alto livello che hanno guidato l’inchiesta sono stati rimossi dai loro posti di lavoro. Secondo un articolo firmato da Burcu Ünal per il quotidiano nazionale Milliyet Orhan İnce, l’ex vice prefetto di Fatih (Istanbul), coinvolto nell’ambito dell’operazione dice: “Quello che vedete e sentite è meno del 10% della verità”.
Nel mentre la Procura della Repubblica per Istanbul ha inoltrato una richiesta all’Ente Superiore Radio e Televisione perché garantisse la “riservatezza” dell’inchiesta presso i media.
In questi giorni sono già venute fuori varie ipotesi su quello che è successo. C’è chi sostiene che l’operazione sia una manovra per finire la carriera politica ed economica dell’AKP e che sia guidata da vari poteri soprattutto quello di Fettullah Gulen (leader spirituale di uno storico movimento fondamentalista, vive tuttora negli USA). Su questa ipotesi ci sarebbero più prove come la piccola “guerra” di titoli in atto tra i quotidiani vicini al governo e quelli altri vicini a Gulen. Per rafforzare questa ipotesi bisogna ricordare la manovra legislativa che ha tentato di fare il governo per chiudere i corsi privati per la preparazione all’esame unico d’ingresso all’università. Questi corsi per la maggior parte sono di proprietà delle realtà che storicamente fanno parte della fraternità religiosa guidata da Fettullah Gulen. Dopo questa manovra partendo dai media vicini a Gulen arrivando fino a lui stesso c’è stata un’ondata di proteste e minacce verso il governo. In mezza a questa tempesta è arrivata la dimissione di un parlamentare dell’AKP, uno dei calciatori storici della Turchia, Hakan Sukur. Proprio qualche giorno prima della maxioperazione Sukur ha presentato le sue dimissioni specificando che la polemica sui corsi di preparazione ha ferito molto la sua fiducia nei confronti dell’AKP. Sukur è conosciuto per le sue linee politiche e religiose da tempi vicine al movimento di Gulen. Tutto questo col passare dei giorni è diventato sempre più palese ed infine il 20 Dicembre 2013, alcuni membri dei movimenti giovanili dell’AKP hanno lanciato l’idea di manifestare sotto la sede centrale del quotidiano nazionale Zaman (linea Gulen). Anche la manovra della linea aerea statale Turkish Airlines ha fatto pensare ad un eventuale conflitto del genere. Il 23 Dicembre 2013 l’ente ha deciso di non distribuire più i quotidiani Zaman, Bugun e Today’s Zaman sui voli, giornali nettamente vicini al movimento Gulen.
Tra tutti questi elementi che rafforzano la prima ipotesi c’è anche chi crede nel lavoro coraggioso di alcuni agenti della polizia e di alcuni giudici.
Qualsiasi cosa ci sia sotto questa operazione, la politica attuale in Turchia si trova in grande crisi soprattutto alla luce delle elezioni amministrative di fine Marzo che sarà la prima verifica elettorale dopo la rivolta partita dal Parco Gezi Istanbul e si è sparsa in tutto il Paese nell’estate del 2013.
La maxi-operazione anti corruzione che ha avuto l’inizio il 17 Dicembre 2013 ha creato una reazione popolare in Turchia. In diverse città da vengono organizzate delle manifestazioni per chiedere le dimissioni del governo. Nelle città di Istanbul, Denizli, Eskisehir, Bursa, Kocaeli, Giresun, Ankara, Antalya, Hatay, Izmir, Mersin e Mugla la gente è scesa in piazze per chiedere le dimissioni al governo ed al Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan. Sopratutto a Izmir, Ankara ed Istanbul ci sono stati degli scontri con la polizia. Durante la manifestazione di Istanbul nel quartiere di Kadikoy gli scontri si sono conclusi con dei fermi. Secondo la rete dei giornalisti indipendenti BiaNet sono in totale 43 persone tra cui 8 minori denunciati al tribunale di Kartal (Istanbul).
Mentre continuano le proteste per chiedere le dimissioni al governo, Erdogan e l’AKP cerca di risolvere il “problema” con una manovra di rimpasto. Contemporaneamente la posizione di Erdogan attraverso le sue dichiarazioni cambia ritmo. Prima si assistavano alle dichiarazioni di taglio negazionista oggi Erdogan ammette di aver perso la parte “marcia” del suo movimento. L’ultimo ritocco è stato comunicato sul tarda serata del 26 Dicembre. Dopo la riunione straordinaria del Comitato Centrale dell’AKP per tre parlamentari è stata richiesta l’espulsione diretta. Sono Ertuğrul Günay, Haluk Özdalga ed Erdal Kalkan. Prima che venisse presa una decisione definitiva prima di tutti Kalkan poi Gunay e Ozdalga hanno comunicato le loro dimissioni. Così dall’inizio della maxi-operazione l’AKP ha visto le dimissioni di 6 parlamentari tra cui 3 ministri.
Nel frattempo alcuni media hanno diffuso la dichiarazione scritta del giudice Muammer Akkaş in cui specificava che la sua intenzione di procedere con una nuova operazione è stata impedita dai responsabili della polizia che pur avendo ricevuto la richiesta di arresto di alcune persone non hanno reagito. Infatti un documento pubblicato dal quotidiano nazionale Radikal sembrerebbe confermare questa tesi. Si tratta dell’invito a comparire per il figlio del Primo Ministro ossia Billa Erdogan. Nel documento preparato da Akkas, Erdogan risulterebbe tra i sospettati nell’ambito di una nuova inchiesta anticorruzione. Akkas sottolinea che il 26 Dicembre con un ordine gli è stato tolto il potere di controllo sull’inchiesta di cui si occupava. In quei momenti con una circolare preparato al volo il governo ha provato a creare un nuovo meccanismo nel sistema gerarchico della polizia e del sistema giuridico obbligando i poliziotti ed i giudici di comunicare ogni tipo di informazione ai loro titolari che riguardano le inchieste in atto. Oggi, 27 Dicembre, il Consiglio di Stato ha definito anticostituzionale la circolare ed ha comunicato che non sarà presa in considerazione.
La guerra quasi certa tra l’AKP ed il movimento di Fettullah Gulen sembra che si combatta molto fortemente nel sistema della polizia e in quello giuridico. Questo senz’altro ha un suo perché principale ossia quello di tenere in mano il potere esecutivo e politico. Ciò diventa ancora più legittimo se si prende in considerazione la ricerca portata avanti dal giornalista Ahmet Sik nel suo libro Imamin Askerleri (I soldati dell’Imam) che gli è costato più di 1 anno di carcere. “L’esercito dell’Imam” parla di come, prima che Gulen migrasse negli Stati Uniti, in Turchia siano state intentate diverse cause contro di lui, per via delle sue attività politiche e religiose, che si supponeva avessero in realtà lo scopo di aiutarlo ad infiltrarsi in modo illegale tra le forze dell’ordine, nel sistema giuridico e nel sistema dell’istruzione pubblica e privata. Le accuse sono tutte attualmente cadute in prescrizione o, talvolta, ritenute insussistenti. Ahmet Şık sosteneva che, in Turchia, chi avesse toccato Gulen, avrebbe preso fuoco, cioè sarebbe stato preso di mira.
Nel mentre il Comitato Solidale di Taksim ha lanciato un appello nazionale invitando le persone a scendere ancora per un’altra volta dopo tanto tempo in Piazza Taksim per il 27 Dicembre Venerdì alle ore 19:00. All’appello ha risposto positivamente una serie di partiti politici parlamentari ed extraparlamentari, associazioni non governative ed i mass media.