di Paolo Riva

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La prima punta si chiama Risentimento. E’ quella forma mentale che ti porta a cercare fuori da te il “colpevole”, il “responsabile” delle cose negative che ti capitano. Quello che gli antichi chiamavano Capro Espiatorio. Al di là di come tu sia arrivato nella situazione in cui ti trovi, che tu ti sia comportato sempre con onestà o abbia passato la tua vita a cercare di fregare il prossimo, ad un certo punto decidi che la colpa è di un altro, che sia un politico, che sia uno straniero, che sia una donna o un uomo che ti lasciano. E cresce in te un sentimento negativo, che ti toglie ogni responsabilità, che ti porta alla gelosia, all’invidia, al desiderare la vendetta e il dolore verso altre persone. Non ti fermare a diffondere le sue foto, leggiti anche la vita e le opere di Nelson Mandela.

La seconda punta si chiama Non accettazione del Fallimento. Il tuo fallimento, non quello degli altri. Che tu abbia lavorato con onestà o con disonestà, che tu abbia calcolato tutti i rischi o che ti sia fatto abbagliare dal guadagno facile, può succedere che la tua azione o la tua attività ad un certo punto non siano più in grado di competere con le altre e falliscano. I tuoi debiti non sono il frutto della malvagità di un’agenzia di riscossione tributi, sono il frutto di tuoi investimenti sbagliati. Il rischio d’impresa, che quando “le cose vanno bene” ti portano ad arricchirti, ha il suo rovescio nel fatto che quando “le cose vanno male” ti porta ad impoverirti. Sono le regole del gioco al quale hai scelto tu di partecipare.

E’ doloroso, è frustrante, è la fine di un sogno che probabilmente hai accarezzato per una lunga parte della tua vita. E’ difficile accettare di aver fallito, ma senza quel riconoscimento, senza l’accettazione di quel trauma,  è impossibile ripartire. Se non lo fai la tua strada scende solo verso gl’inferi del risentimento (vedi la prima punta).

La terza punta si chiama Disadattamento al cambiamento. Il mondo è in continua trasformazione, indipendentemente dalla direzione che prende è comunque un qualcosa che cambia, di continuo. Puoi scegliere di non adattarti al cambiamento, di passare i tuoi giorni a rimpiangere un “passato felice”, che era tale o perché eri più giovane e spensierato, o peggio perché te l’hanno raccontato altri nostalgici ma tu non l’ha mai nemmeno vissuto. Puoi scegliere di cercare di fermare il flusso del tempo, che è un po’ come stare sotto ad una diga che crolla cercando di proteggersi dall’acqua con un ombrello. Perché il mondo in cui sei cresciuto e ti sei formato, che tu lo voglia o no, non esiste più!

Hai però anche un’altra scelta, quella di adattarti in modo crescente, come avrebbe detto il pensatore argentino Silo. Che non significa adeguarsi e subire le conseguenze di ciò che succede, ma indirizzare il futuro verso ciò che credi più giusto. Però partendo da quello che è il mondo oggi, non da quello che era in un tempo che non c’è o non c’è mai stato.