“Sono festività di tristezza, di dolore…250.000 persone sono state praticamente sepolte con questa sentenza, perché non hanno diritto a un’identità nazionale, essendo negata loro, ingiustamente, da un pregiudizio razzista e xenofobo”.
Raggiunto a Dajabón, dove dirige Solidaridad Fronteriza (solidarietà di frontiera), organismo del Servizio dei Gesuiti ai rifugiati e migranti, padre Regino Martínez commenta così alla MISNA le ripercussioni del recente discusso verdetto 168-13 del Tribunale Costituzionale che ha disposto la “de-nazionalizzazione” dei dominicani nati da parenti stranieri in situazione “irregolare”; una sentenza, come ricorda il gesuita, che potrebbe colpire oltre a 250.000 persone, per lo più di origini haitiane, privandole della nazionalità.
Il Tribunale ha stabilito a settembre che i figli dei “cittadini in transito” – o migranti – sul territorio nazionale, nati nel paese, siano privati della nazionalità dominicana, ordinando alla Giunta centrale elettorale di effettuare una minuziosa verifica dei registri di nascita dal 21 giugno 1929 a oggi. Così facendo, come ha denunciato anche l’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani, la corte “priverà decine di migliaia di persone di una nazionalità, il che avrà un impatto molto negativo sul resto dei loro diritti fondamentali…nonché implicazioni disastrose per i discendenti degli haitiani” destinati con ogni probabilità a navigare a lungo in un limbo costituzionale.
“Nel 1937, il dittatore Rafael Leonidas Trujillo, iniziò la cosiddetta ‘dominicanizzazione’ della frontiera con Haiti, uccidendo i neri dominicani e haitiani. Oggi si continua lo stesso genocidio con questo verdetto, annullando la nazionalità dei discendenti degli haitiani che lo stesso dittatore portò nel territorio dominicano per sfruttarli come braccianti nei campi di canna da zucchero e che le passate Costituzioni e Leggi dominicane – prima del 2010 – riconoscevano come cittadine e cittadini dominicani” sottolinea padre Martínez.
Prima di Natale, il governo di Santo Domingo ha annunciato che riavvierà a breve dialogo sulla questione migratoria con Port-au-Prince, sospeso dopo la reazione di Haiti alla sentenza, ribadendo, almeno sulla carta, l’impegno a “regolarizzare” i discendenti degli haitiani che perderanno la nazionalità dominicana. Ma per migliaia di famiglie il futuro è più che mai incerto: “Come potrebbero mai trascorrere serenamente queste festività?” conclude padre Martínez.