PeaceLink ha misurato gli Ipa di una sigaretta e li ha confrontati con gli Ipa presenti in aria ambiente a Taranto.
Gli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) sono frutto di combustione e sono potenzialmente cancerogeni. Gli Ipa vengono prodotti quindi dalle industrie, dalle auto, dalle sigarette, dai caminetti, ecc. Sono anche prodotti dagli incensi profumati, ma in concentrazioni estremamente contenute e non paragonabili a quelle derivanti dalle sigarette che risultano elevatissime.
Gli Ipa di una sigaretta possono arrivare infatti a produrre picchi di 4000 (quattromila!) nanogrammi a metro cubo se inalati direttamente dal fumatore e venti centimetri dalla sigaretta stessa. Questo dato lo abbiamo misurato sperimentalmente.
Se inalati a distanza (fumo passivo) gli Ipa prodotti da una sigaretta scendono invece a circa 40 ng/m3 (misurazione all’interno di una stanza di 45 m2). Il fumo passivo è quindi un centesimo (come concentrazione di Ipa) rispetto a quello emesso con il fumo attivo e misurato a distanza ravvicinata.
Cio’ nonostante la legge vieta il fumo della sigaretta. Ad esempio in un’aula scolastica un insegnante di scuola elementare non può fumare (neppure a debita distanza dai bambini) perché il permanere ininterrottamente in un ambiente chiuso dove ristagna il fumo della sigaretta (sebbene diluito di un centesimo rispetto alla concentrazione alla sorgente) equivale a respirare in un’ora e 40 minuti l’equivalente di un minuto di sigaretta. Quindi se un insegnante fuma una sigaretta in classe è come se facesse fumare quasi 3 sigarette in 4 ore di respirazione di fumo passivo nel caso non vi sia un ricambio dell’aria dell’aula. Pertanto il fumo passivo (immesso dalla combustione di una sigaretta in un luogo chiuso) produce alla lunga effetti nocivi addirittura superiori rispetto alla sigaretta fumata all’aperto. Ha cioè effetti moltiplicativi e pertanto la legge vieta esposizioni indirette e prolungare (fumo passivo) sebbene a concentrazioni più modeste e “diluite” di quelle a cui siamo esposti respirando direttamente – in intervalli ristretti di tempo – il fumo “intenso” della sigaretta.
Facciamo dei calcoli.
Ogni 100 minuti di fumo passivo corrispondono a 1 minuto di sigaretta inalata senza soluzione di continuità a distanza ravvicinata.
E adesso facciamo un raffronto con quello che è accaduto l’altro ieri in città.
Il 19 dicembre 2013 (l’altro ieri, appunto) a Taranto nella zona Bestat tutti – bambino compresi – hanno respirato aria che conteneva una concentrazione media di Ipa di 80 nanogrammi a metro cubo. Ad attestarlo non ci sono solo le nostre misurazioni, ma le foto di diverse persone che hanno documentato visivamente una cappa di smog sulla città.
Questo significa che l’altro ieri ogni minuto di respirazione equivaleva a 2 minuti di fumo passivo in un’aula scolastica. Ogni 50 minuti di respirazione di quella concentrazione di Ipa equivalevano a 1 minuto di respirazione della concentrazione di Ipa prodotta direttamente da una sigaretta. Questo significa che ogni bambino durante la giornata dell’altro ieri ha respirato Ipa equivalenti a 28 minuti di sigaretta diluiti nell’arco delle 24 ore.
Tutto questo è verosimilmente accaduto a Taranto nella zona Bestat, dove è stata registrata una media giornaliera di 80 ng/m3.
Tale concentrazione di Ipa così elevata è stata misurata da PeaceLink mediante la stessa tacnologia usata dall’Arpa (Ecochem Pas 2000) con circa cinquemila campionamenti di aria e questo è avvenuto al terzo giorno di vento proveniente dall’area industriale in una zona posta a 3 chilometri dall’Ilva (zona Bestat, dove si trovano molte scuole).
Ogni valutazione ulteriore è lasciata al buon senso di chi ci legge.
Ci auguriamo che oggi al Consiglio Comunale si discuta se tutto questo è accettabile o no.