In occasione dell’odierna consultazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla drammatica situazione nella Repubblica Centrafricana, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha chiesto all’ONU l’immediato invio di truppe di pace per la protezione della popolazione civile. La popolazione del paese africano è stretta nella morsa della guerra civile, minacciata da signori della guerra e dai sanguinosi scontri di quella che si è trasformata in una guerra religiosa; una persona su dieci è in fuga dalla violenza e la metà dei complessivamente cinque milioni di cittadini dipende per la propria sopravvivenza dagli aiuti umanitari internazionali. Solamente le truppe di pace dell’ONU potrebbero evitare una ecatombe.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e la Francia sostengono l’opzione dell’invio di almeno 6.000 caschi blu mentre gli Stati Uniti chiedono che l’intervento si limiti al sostegno finanziario delle truppe della missione MISCA dell’Unione Africana. Secondo l’APM è però poco probabile che i soldati africani possano essere inviati e stazionati in tempi sufficientemente rapidi da evitare altre escalation di violenza e spargimento di sangue. Attualmente la missione africana infatti non dispone di sufficienti mezzi finanziari né della possibilità di spostare truppe velocemente. Secondo l’APM, lo stazionamento di caschi blu dell’ONU comunque ha senso solamente se la comunità internazionale sostiene contemporaneamente la costruzione di uno stato di diritto e di un sistema statale funzionante.
Nell’attuale situazione il governo ha completamente perso il controllo della situazione e non riesce a controllare nemmeno delle formazioni ribelli Seleka, dalle cui fila viene lo stesso presidente della Repubblica Centrafricana. A partire dal rovesciamento del precedente governo e la presa di potere da parte di Seleka in marzo 2013, si è rafforzata la corrente radical-islamica all’interno del movimento ribelle e si sono avuti innumerevoli aggressioni a credenti cristiani e bahai’i, sono stati aggrediti sacerdoti, attaccate chiese e bruciate case in cui abitavano Cristiani e Baha’i. Come risposta sono state create milizie composte da cristiani che a loro volta aggrediscono e perseguitano senza distinzione chiunque sia musulmano. La spirale di violenza che ne è risultata ha causato solamente in settembre 2013 oltre 150 morti. A metà novembre gli Stati Uniti e la Francia hanno messo in guardia la comunità internazionale dal pericolo di un genocidio nel paese africano. Nella Repubblica Centrafricana il 75% della popolazione è cristiana (40% protestanti, 35% cattolici), il 10% è di fede musulmana e un altro 10% professa religioni indigene.
L’APM è particolarmente preoccupata per questa spirale di violenza che sembra intensificarsi di giorni in giorno. I ribelli Seleka esattamente come le milizie cristiane sono diventate incontrollabili, attaccano e saccheggiano dove possono. Il numero degli stupri è ormai incalcolabile e – secondo le stime di diverse organizzazioni umanitarie – il numero dei bambini soldato obbligati da tutte le parti in causa a imbracciare un fucile è cresciuto da marzo 2013 ad oggi a 6.000 bambini. La Repubblica Centrafricana è uno dei paesi più poveri del continente africano anche se è ricchissima di risorse naturali come ad esempio i consistenti giacimenti di diamanti.