Se l’auspicio degli osservatori internazionali era che le elezioni amministrative di domenica scorsa in Kosovo si svolgessero in modo democratico e pacifico, allora tale auspicio è stato violentemente sconvolto dai fatti. Una giornata caotica, preceduta da intimidazioni e ritorsioni, celebrata in un clima generale di sfiducia e violenza, che minaccia la tenuta degli accordi serbo-albanesi del 19 Aprile e rischia di essere strumentalizzata dagli estremisti di ambo le parti, la destra nazionalista all’opposizione in Serbia e il nucleo di potere raccolto intorno al controverso premier Hashim Thaci.
Si sono presentate alle elezioni kosovare su un totale di 103 liste elettorali, 38 liste albanesi, 33 liste serbe, le altre di candidati indipendenti, bosniaci, turchi, rom, montenegrini, croati, gorani e ashkali, in rappresentanza del variegato mosaico etnico della regione. Ovviamente nutrita la presenza degli osservatori internazionali, tra cui la delegazione dell’Unione Europea con a capo l’italiano Roberto Gualtieri (PD), oltre alle forze della polizia kosovara, con 5.500 agenti schierati “per garantire la sicurezza durante le elezioni” per le quali “sono state prese tutte le misure necessarie sulla base di un piano operativo già adottato”. Ma i fatti si incaricano di essere sempre più duri delle previsioni.
Alle 17.00 viene battuta la notizia che 16 persone sono state arrestate per avere ostacolato le operazioni di voto (dichiarazione di Laura Pulja, coordinatore per le elezioni presso la Procura del Kosovo, e Baki Keljani, portavoce della polizia); 4 attivisti dell’Alleanza dei Serbi del Kosovo sono stati arrestati a Gracanica, secondo quanto riferito alla stampa. Al contempo, venivano chiusi i seggi nella scuola elementare Sveti Sava a K. Mitrovica, a seguito della irruzione nella scuola di persone mascherate che hanno infranto i vetri e distrutti i materiali elettorali. Il personale OSCE è stato evacuato dalla scuola in tutta fretta dopo che gli aggressori hanno interrotto il voto e la polizia è intervenuta con i lacrimogeni, senza tuttavia riuscire a placare i disordini e ripristinare le operazioni.
La polizia ha poi comunicato di avere arrestato una persona, senza specificare alcun collegamento con l’incidente al seggio elettorale. In totale, come comunicato da un’altra agenzia, 16 su 33 seggi elettorali a K. Mitrovica sarebbero stati fatti bersaglio di aggressioni e intimidazioni. Subito dopo, un seggio elettorale a Zvecan, a nord di Mitrovica, è stato chiuso un’ora prima del termine previsto, intorno alle 18:00, perché un gran numero di sostenitori della campagna di boicottaggio si era radunata al suo ingresso, impedendo alle persone di votare. Nel corso della serata, il vice-premier serbo A. Vucic ha chiesto alla comunità internazionale di consentire alla Serbia di intervenire per 45 minuti con proprie forze di polizia in Kosovo per riportare la calma e consentire lo svolgimento delle operazioni di voto nel Nord. Subito dopo, il candidato sindaco di K. Mitrovica per la Iniziativa Civica SDP, O. Ivanovic, ha condannato l’interruzione delle elezioni. In definitiva, alla luce di quanto successo, il boicottaggio delle elezioni nel Nord del Kosovo può dirsi ampiamente riuscito.
L’affluenza in molte municipalità del Kosovo a sud del fiume Ibar è stata in genere compresa tra il 45% e il 50%. A Nord, la partecipazione è stata estremamente bassa: il 13% a Zubin Potok, il 13% a Leposavić, il 7% a Zvecan, l’8% a K. Mitrovica, secondo dati che sono, tuttavia, ancora provvisori. Il boicottaggio, tuttavia, non è la soluzione. “Il destino dei serbi in Kosovo deve essere nelle mani dei serbi del Kosovo, piuttosto che nelle mani del primo ministro Hashim Taci che vuole solo i serbi a lui fedeli, o in quelle delle organizzazioni di estrema destra e dei partiti che stanno spingendo i serbi al disastro”, ha detto il premier Ivica Dacic, facendo riferimento alle organizzazioni politiche serbe che hanno esplicitamente sostenuto la campagna di boicottaggio, i conservatori nazional-clericali del DSS ed i gruppi di estrema destra ultra-nazionalista “Nasi” ed SNP 1389. Insomma, la strada dell’implementazione dell’accordo del 19 Aprile è adesso ancora più complessa e controversa.