Nanni Salio è il Presidente del Centro Studi Sereno Regis, uno dei centri più attivi in Italia nel organizzare attività culturali, politiche, sociali che promuovono la nonviolenza. Gli abbiamo chiesto di Irenea, “Cinema e Arte per la Pace”.L’inaugurazione della Sala Gabriella Poli il 14 Novembre prossimo può essere considerato un momento importante di tutto il progetto? E perché?Potremo finalmente avviare una serie di molteplici iniziative centrate sul rapporto “cinema, arte e nonviolenza” che coinvolgeranno sia artisti di varia formazione, sia giovani, studenti, educatori e cittadinanza in generale. Questa struttura sarà un moltiplicatore delle attività che già facciamo e ci permetterà di incrementare la disseminazione di una cultura della trasformazione nonviolenta dei conflitti.

Raccontaci come è nato il progetto, come si è sviluppato e a che punto è.

Nello stesso stabile in cui si trova la sede del Centro Sereno Regis, in via Garibaldi 13 a Torino, due anni fa è stato messo in vendita un locale che ospitava una agenzia pubblicitaria. Questo locale ha una lunga storia, che risale alla chiesa dei SS.Simone e Giuda, del 1600 circa, e, all’inizio del Novecento, è diventato la prima sala cinematografica torinese. Noi ci occupiamo già del rapporto “Cinema e pace” sin da quando, tre anni fa, abbiamo lanciato il progetto “Gli occhiali di Gandhi”, un premio assegnato al regista che nel corso del Torino Film Festival presenti il miglior film con contenuti culturali nonviolenti. L’acquisto del locale, e la successiva ristrutturazione, comportano tuttavia un impegno molto grande e abbiamo pensato a lungo prima di avviare il progetto. Ancora adesso siamo nella fase della raccolta fondi, per saldare i debiti che scadranno man mano entro il 2015. Chiunque voglia collaborare è dunque benvenuto! Nel nostro sito www.serenoregis.org si possono vedere le modalità con cui contribuire. Il 14 novembre inauguriamo le due sale che costituiscono l’intera struttura. La più grande è dedicata a Gabriella Poli, prima capocronista donna a “La Stampa”; la più piccola a Luca Magosso, direttore del Centro Sereno Regis, morto prematuramente nel 2011. Sono in programma una serie di eventi che dureranno anche nei due giorni seguenti, 15 e 16 novembre. Saranno un piccolo assaggio di ciò che ci promettiamo di fare man mano.

Quali sono le prospettive di Irenea, le vostre aspettative, le vostre speranze?

Intendiamo non solo promuovere eventi, ma approfondire con percorsi di ricerca il rapporto, poco esplorato, tra le varie forme di attività artistica (cinema, arti visive e figurative, letteratura, danza teatro, fotografia, musica) e la nonviolenza. La tesi di fondo si ispira al “modello Galtung” di trasformazione nonviolenta dei conflitti, che mette in evidenza il ruolo della creatività nel gettare ponti tra gli obiettivi legittimi di tutte le parti in gioco. Speriamo di riuscire a coinvolgere man mano settori più ampi del mondo della cultura, andando oltre il puro e semplice intrattenimento, per diffondere messaggi capaci di contribuire a creare quella cultura della nonviolenza che ci permetta di “porre la guerra fuori dalla storia” e ci aiuti a ridurre ogni forma di violenza e sofferenza.

Pensare globalmente e agire localmente. Alla fine un principio che condividete? Una chiave ormai antica ma valida per i nuovi tempi?

Qualcuno ha fatto notare che questo slogan dovrebbe essere modificato in uno più efficace e coerente: “Pensare e agire sia localmente sia globalmente”. Oggi è infatti necessario e, almento in linea di principio, possibile agire su scala globale. Qualcuno già tenta di farlo, come Greenpeace con azioni spettacolari. Più in piccolo, i Corpi Civili di Pace, che intervengono un po’ ovuque nel mondo per fare prevenzione, interposizione e riconciliazione nei conflitti armati. Ma non basta ancora: dobbiamo imparare a costruire un “movimeno dei movimenti” autenticamente transnazionale, cosa che sono riusciti a fare coloro, un piccolo ma potente 0,1% della popolazione mondiale, che oggi dominano il mondo della finanza e delle multinazionali. Nel frattempo occorre anche continuare a operare sulla piccola scala, localmente.

A quale pubblico si rivolge Irenea? Che idee ci sono per coinvolgere le nuove generazioni?

Potenzialmente e idealmente ci rivolgiamo a tutti quanti, come già facciamo con le attività del Centro Sereno Regis, compatibilmente con le nostre capacità. Una particolare attenzione è rivolta agli studenti, ai bambini e alle bambine attraverso proposte educative che utilizzino momenti creativi, di animazione e artistici. Già nel corso del premio “Gli occhiali di Gandhi” abbiamo coinvolto studenti e insegnanti dei licei artistici torinesi nella elaborazione di opere che si ispirino alla figura di Gandhi. La migliore viene donata al regista selezionato da una giuria e all’autore viene dato un piccolo premio di riconoscimento. Molti artisti che già ora sono coinvolti sono prevalentemente giovani sensibili alle tematiche che proponiamo. Sono i giovani stessi che stanno partecipando a suggerire nuove forme di coinvolgimento e nuove iniziative. Ma ovviamente siamo solo all’inizio. E comunque è necessario riuscire a far lavorare insieme generazioni e generi diversi.

Infine, più in generale, come vedi le prospettive della nonviolenza in questo momento storico?

L’umanità intera ha un bisogno estremo di assumere i principi di una cultura della nonviolenza in modo ampio e radicale, se vuole sopravvivere. Da un lato siamo di fronte a una crisi sistemica globale e la cultura dominante non sa offrire vie d’uscita. Dall’altra i movimenti e le persone che si richiamano alla cultura della nonviolenza sono ancora troppo frammentati e privi di sufficienti e robuste strutture con le quali operare. Occorre continuare a svolgere contemporaneamente ricerca, educazione e azione per la pace e la nonviolenza, a tutto campo, dialogando con tutti e tutte con intelligenza, profondità, apertura, modestia, un po’ di ironia, molta fiducia e consapevolezza dei nostri limiti individuali e collettivi. La proposta della nonviolenza è “antica come le colline” diceva Gandhi, ma si arricchisce continuamente con nuove riflessioni e ha il compito, tra gli altri, di contribuire alla produzione di “senso” della esistenza umana. Oggi siamo in presenza di una crisi esistenziale che colpisce gran parte dell’umanità che non vede vie d’uscita. Ma come amava dire Aldo Capitini, “la nonviolenza è il varco attuale della storia”, oggi e domani più che mai.