Azione a Roma nell’ambito della giornata globale contro il debito e l’auterity (#notourdebt)
La Direzione generale trasporti della Commissione europea non vuole rendere noto come sono stati utilizzati i finanziamenti europei destinati alla realizzazione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Lione-Torino. Numerose sollecitazioni scritte sono state inviate negli ultimi sei mesi dall’associazione Re:Common alla Direzione generale trasporti della Commissione europea per sapere nel dettaglio quali studi e quali lavori sono stati pagati con i soldi dell’UE e quindi dei contribuenti europei.
Alcune decine di attivisti di varie realtà della società civile italiana, tra cui Re:Common, Terra Terra (nodo romano di Genuino Clandestino), il Forum per una Nuova Finanza Pubblica e Sociale, il Coordinamento Contadino Umbro, i Cobas e il Coordinamento Romano Acqua Pubblica questa mattina hanno consegnato un “avviso di sfratto” ai vertici della Cassa Depositi e Prestiti (CDP), a partire dal presidente Franco Bassanini, colpevoli di “mancato finanziamento a tassi calmierati degli investimenti degli enti locali”.
La CDP negli ultimi dieci anni è diventata una società per azioni in cui sono presenti numerose fondazioni bancarie. Come conseguenza, denunciano gli attivisti, l’istituto presta ai comuni solo a tassi di mercato, favorendone l’indebitamento con le banche; finalizza gli investimenti solo per fare profitti; finanzia la privatizzazione dei servizi pubblici e fornisce denaro per grandi opere inutili, costose e devastanti per i territori. Eppure i soldi della CDP sono quelli di 24 milioni di cittadini che affidano i loro risparmi alle Poste (di cui la Cassa è principale azionista).
“Parliamo di 230 miliardi di euro” ha dichiarato Antonio Tricarico di Re:Common. “Al netto di tutta la retorica sulla crisi, alla fine si scopre che i soldi ci sono. È però indispensabile che siano impiegati per agevolare gli enti locali, finanziare la riappropriazione dei beni pubblici, a partire dal servizio idrico, il miglioramento dei servizi sanitari e dell’istruzione, nonché aiutare le aziende in crisi” ha concluso Tricarico.
“Per fare tutto ciò serve che la CDP esca da logiche puramente di mercato, ridiventi pubblica e cessi di essere per il 30 per cento in mano di fondazioni bancarie” ha detto Giulia Franchi di Re:Common. “Se si vuole uscire dalla crisi bisogna far sì che i soldi della CDP servano a favorire la cittadinanza, non le solite lobby di potere e finanziarie” ha aggiunto la Franchi.