Invece di intervenire con decisione per proteggere la popolazione di Taranto, dopo anni di ritardo e di silenzio sulle atroci conseguenze dell’inquinamento e dei gravi reati di cui è accusata la dirigenza dell’Ilva, descritte dalle perizie disposte dal Tribunale di Taranto e dallo studio S.E.N.T.I.E.R.I. dell’Istituto Superiore di Sanità, cosa fa una parte della classe politica (questa volta pugliese)? Riflette e lavora sulla base di tutti i dati disponibili?
GLI ASSISTITI ASL CON IL CODICE DI ESENZIONE 048
Tra i dati disponibili, uno riguarda il numero di quanti a Taranto usufruiscono di una esenzione dal pagamento dei ticket sanitari identificata con il codice 048, per accertate patologie neoplastiche maligne: si tratta di 8916 residenti, colpiti da queste malattie. E’ un dato sul quale ha richiesto attenzione PeaceLink e su cui riflette il Presidente dell’Ordine dei medici di Taranto in questa intervista:
SE QUESTA E’ SOBRIETA’
Alcuni pensano però che quel numero non meriti attenzione e che sarebbe meglio tacere. Rilasciano però dichiarazioni che sembrano voler sollevare un polverone di cui Taranto e le inquinatissime città italiane non hanno proprio bisogno. Da leggere con attenzione, al link che segue e notando il tono usato, l’invito alla “sobrietà” dell’assessore regionale alla Sanità pugliese, che riprende le dichiarazioni di un parlamentare del partito Democratico (inviti che restano incomprensibili, dal momento che il numero diffuso è ufficiale, autentico, non smentito da nessuno): “Basta strumentalizzazioni o screditamenti di una intera città e della sua classe dirigente”… “occorre allontanare gli sciacalli che utilizzano la dolorosa vicenda dei tarantini per farsi propaganda”:
Va ricordato che, dopo decenni di inattività, sono stati adottati due decreti – legge in pochi mesi (governo Monti, con il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, e governo Letta, con il Ministro Andrea Orlando). Dopo gli innegabili ritardi e il venire alla luce del verminaio di crimine e corruzione cresciuto all’ombra dell’Ilva e dell’incapacità delle istituzioni, poteva essere necessario per intervenire proteggere la popolazione; le uniche norme a effetto immediato, però, hanno paralizzato i soli provvedimenti che tutelavano sul serio la salute dei cittadini: le ordinanze con cui la magistratura aveva disposto il sequestro degli impianti più inquinanti e interrotto la prosecuzione di gravi reati, confermate nelle parti essenziali in tutti e tre i gradi di giurisdizione.
LA POPOLAZIONE DI TARANTO E’ SEMPRE “FUORI AGENDA”
Il numero delle esenzioni per tumori a Taranto è ora noto e disponibile. E’ un dato indicativo ma attuale e immediato. Fa riflettere il fatto che la concentrazione di codici 048 aumenti tra i residenti nel quartiere Tamburi, accanto all’Ilva (1 assistito ogni 18 residenti), mentre diminuisce in un quartiere più lontano (1 ogni 26 residenti), ma si può operare ogni tipo di verifiche e confronti nel considerare il suo andamento.
Sui curiosi commenti già ricordati c’è poco da dire. Chi potrebbe trovare una convergenza tra quelle dichiarazioni e l’interesse dei cittadini di Taranto? Si rafforza anche la consuetudine di politici e amministratori – e non c’è rischio che ne provino disagio – di fare blocco contro semplici cittadini, esponenti di associazioni o politici mediaticamente meno visibili, ad esempio richiamando e rafforzando l’uno le dichiarazioni dell’altro.
Limitare o ritenere inopportune troppe informazioni non è mai stato nell’interesse dei cittadini. Nel 2007, Emilio Riva, proprietario dell’acciaieria Ilva, già indagato e condannato in più processi e ora indagato per reati come disastro doloso, omicidio e avvelenamento di alimenti, denunciò per procurato allarme il presidente di PeaceLink per aver pubblicato dati relativi al mercurio forniti dalla stessa azienda – per legge – a un Registro pubblico Europeo.
E’ difficile non vedere oggi, in questa veemenza, la volontà di spostare l’attenzione dai fatti e di spegnere la luce sull’immagine della popolazione e degli operai in carne e ossa e sulla loro sofferenza. Ogni volta che è emersa – grazie a domande di giornalisti e nei pochi confronti pubblici e dibattiti in Parlamento – c’è sempre stata grande attenzione a evitare di affiancarla alle concrete decisioni politiche che si andavano adottando in questi due anni (decisioni che invece hanno riguardato direttamente quella sofferenza, dato che sono state consentite modalità di funzionamento degli impianti che le inchieste penali e le perizie chimiche ed epidemiologiche ritengono causa di uno sconvolgente inquinamento del territorio, di malattia e di morte). Quando nel mondo politico si illustrano quelle decisioni, lo si fa “spaziando” più volentieri sui mercati internazionali dell’acciaio e sulle carte geografiche europee, piuttosto che sui profili delle case che si affacciano sulla piazza Grazia Deledda (quartiere Tamburi, Taranto) o dell’ospedale Moscati, con il suo reparto tumori infantili.
CONOSCENZA E “OPEN DATA” COME RICCHEZZA
Noi siamo convinti che ogni informazione in più è una ricchezza. Ce lo dicono l’esperienza e le persone di ogni genere e “qualsiasi” incontrate, che nelle molte situazioni che un’associazione ha modo di vivere o conoscere da vicino, hanno dato un importante contributo ogni volta che la loro intelligenza ed esperienza ha incontrato risorse informative di qualità e possibilità progettuali. Le potenzialità sono infinite e non confinate in pochi luoghi eletti.
Ma non basta: sono proprio le nostre istituzioni e il nostro ordinamento ad essere convinti di questa ricchezza.
La Pubblica Amministrazione raccoglie, produce e detiene un’infinità di dati. A parte quanto può dettare il buon senso sull’argomento, le norme europee stabiliscono da anni che queste informazioni siano valorizzate e rese fruibili. E’ un patrimonio da mettere a disposizione delle altre amministrazioni pubbliche perché svolgano meglio le loro funzioni e delle varie componenti della società, per soddisfare e stimolare esigenze di ogni tipo: economiche, scientifiche, giornalistiche, politiche, artistiche. La prima direttiva europea è del 2003 (2003/98/CE sul riutilizzo delle informazioni). Le novità normative più recenti e l’Agenda Digitale mettono l’accento soprattutto sulla rete (il termine “Open Data” fa riferimento a informazioni poste on line utilizzando un formato aperto).
Ma nonostante siano state gettate le basi teoriche di un tale impegno, il ritardo italiano è sempre forte, sia per ostacoli burocratici, sia per l’approccio culturale – per niente moderno – che caratterizza il rapporto tra amministrazione e cittadini. Molti accettano il ritardo perché hanno poche aspettative, molti – inaspettatamente anche giovani, o studiosi e operatori in contesti che dovrebbero avere più ampi orizzonti – lo coltivano come se fosse redditizio (e se lo è, lo è certo per pochi). Questo atteggiamento diffuso contribuisce a far sembrare fantascienza un obiettivo che è quasi ovvio apprezzare e condividere.
LIBERTA’ E RESPONSABILITA’
In molti giovani, timidezza e accettazione della realtà e del suo immobilismo – fatto di barriere sociali che continuano ad approfondirsi – sembrano legarsi anche al nostro modello di istruzione. In un’intervista ascoltata di recente, sullo spunto di un confronto tra l’Università tedesca e quella italiana, è stato usato lo sgradevole ma efficace termine di “studentelli” riferito al modo in cui quest’ultima considera i suoi studenti, laddove il sistema tedesco li vuole assoluti protagonisti della propria formazione e delle attività scientifiche e universitarie, con autonomia e responsabilità.
Ma per fortuna alcuni passi in avanti vengono fatti anche grazie a un sentimento di indipendenza e di aspirazione al rinnovamento pur sempre presente nel tessuto e nella storia del nostro paese, che si appassiona a cause importanti per la collettività che sarebbe compito di apparati organizzati portare avanti, e si esprime attraverso persone che si scontrano con quegli apparati ma ne cambiano i comportamenti, forzandoli a riprogettarsi su una realtà che non conoscono più.
Probabilmente il nostro sistema di rapporti tra cittadini, amministrazione e politica continuerà ad essere problematico per anni ancora. Ma in qualche punto di quel sistema, ogni tanto, un’occasione e dei protagonisti concreti dimostrano che la disponibilità di informazioni è un valore enorme per la società, aprendo strade di collaborazione sempre più facili da percorrere. Nei settori d’interesse pubblico il valore del singolo dato viene moltiplicato integrandosi con altre informazioni spesso di grande qualità (ancora tutta da scoprire), se ne allargano i confini grazie anche al valore aggiunto della comunicabilità a tutte le fasce della popolazione e di nuove possibilità di confronto, complici la rete e la maggiore facilità di rapporto con l’estero. Si può produrre innovazione, migliorare i servizi pubblici, offrire nuove opportunità a operatori sociali, imprese e professionisti, ottenere un avanzamento complessivo delle condizioni sociali e intellettuali delle nostre comunità.
POSIZIONI CHIARE
Anche per questo – pur considerando le ragioni supplementari che condizionano i comportamenti nell’episodio concreto, come tutte le volte in cui entrano in gioco la crisi dell’Ilva, i procedimenti penali nei confronti di sempre più indagati e la messa in discussione di un modello economico che accentra risorse e schiaccia o allontana potenzialità e intelligenze – un atteggiamento di retroguardia in questo ambito segnala una particolare inadeguatezza, rispetto al ruolo e alla possibilità che avrebbe invece chi si occupa di politica, di amministrazione o di informazione di favorire i processi di cambiamento e di puntare a un più alto livello di democrazia, di progresso e di giustizia sociale.La popolazione di Taranto sta soffrendo da anni. Tutto ciò che parla di quella sofferenza noi non lo nascondiamo. Non ci sembra che quando è stato richiesto silenzio ci sia stato mai alcun bene per la gente del Sud. Taranto viene difesa con decisione ed equilibrio, oltre che dalla Magistratura, dagli stessi suoi cittadini, che parlano e si confrontano, lavorano in associazioni e comitati o ne sostengono le iniziative.
LASCIARE TRANQUILLE LE POPOLAZIONI … O LE INDUSTRIE?
Questa sofferenza è ancora più ingiusta perché la popolazione di Taranto viene indotta da più parti ad accettarla.
Due fatti – tra i tanti paradossali, spiegabili solo con la forza di alcuni interessi economici e la diseguaglianza sociale che alimenta – vanno sempre ricordati: 1) nell’analoga situazione di rischio ambientale e sanitario emersa a Genova – Cornigliano le cokerie, con le loro combustioni ad altissime temperature, sono state fermate, e accordi con l’Ilva hanno assicurato l’impiego dei lavoratori nelle opere di smantellamento e bonifica (a Taranto le cokerie sono ancora a pochi metri da case e scuole e inquinano di più dopo il trasferimento della quota di produzione di Genova); 2) Il 12 ottobre 2012 fu presentato lo studio epidemiologico SENTIERI 2 (aggiornamento del precedente Studio sull’andamento della mortalità per malattie), con un peggioramento relativo a quasi tutte le patologie nel periodo 2003 – 2009. Ma … i provvedimenti adottati?
Non ci sarebbe molta differenza, oggi, se quei dati non fossero mai stati studiati. Il primo Studio SENTIERI (pubblicato nel 2011 e relativo alla mortalità nel periodo 1995-2002), nei 44 territori considerati – con siti tristemente famosi come Casale Monferrato o Gela, ma anche altri in ogni regione – evidenziava già un aumento di morti (10.000 morti di cui non si riteneva provato del tutto il collegamento con l’inquinamento, di cui 3508 morti però certamente per inquinamento). In queste zone la gente abita vicino a centrali elettriche, industrie chimiche, raffinerie, inceneritori. Perché questi risultati – soprattutto quelli dello Studio SENTIERI 2 – sono nell’ombra?
Più persone dovrebbero occuparsi delle morti per inquinamento. Più bravi giornalisti dovrebbero pubblicare informazioni e rivolgere più domande al Ministro della Salute. In casi del genere, non sembra generoso non disturbare le popolazioni di Mantova, di Grado, Cogoleto, Fidenza, Massa Carrara, Falconara, di Priolo, di Bolzano … 298 comuni e 5 milioni e mezzo di abitanti!
C’è chi continuerà a cercare i fatti e a parlarne, chi continuerà a tenerli in ombra. Non capiamo sempre cosa vogliano altri. Noi ogni giorno proviamo a seguire questa strada, incontrando sempre qualcuno in più.
Da panorama.it “Ilva e salute, i dati della discordia”, di Marino Petrelli (7 settembre 2013)
http://scienza.panorama.it/salute/Ilva-e-salute-i-dati-della-discordia
L’UTILIZZO DEI CODICI 048 IN ALTRE CITTA’
http://www.cittadellaspezia.com/La-Spezia/Attualita/Casi-di-Neoplasia-la-Spezia-affianca-141302.aspx
http://passegginorosso.wordpress.com/2013/09/05/salute-pubblica-il-codice-048-e-la-conta-dei-tumori/
“Nella terra dei fuochi e dei veleni dove il cancro si chiama «048»”, di R. Russo
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2013/31-maggio-2013/nella-terra-fuochi-veleni-dove-cancro-si-chiama-048-2221419732506.shtml
STUDIO SENTIERI 2
“Taranto, incidenza tumori maggiore fino al 100%”, di m.c. (22 ottobre 2012)
http://salute24.ilsole24ore.com/articles/14797-taranto-incidenza-tumori-maggiore-fino-al-100