Le armi chimiche possono generare effetti a lungo termine sulla popolazione, provocando la diffusione di patologie e malformazioni. Verificare se siano state impiegate si può, anche a qualche settimana di distanza. A spiegarlo è Paola Manduca, docente di genetica all’Università di Genova, e coordinatore del New Weapons Committee, un gruppo di ricercatori che si occupano di studiare gli effetti a lungo termine dell’impiego di armi non convenzionali sulle popolazioni.
Come si riconosce un attacco chimico rispetto a uno convenzionale?
Le armi chimiche di cui si parla in questi giorni, a cui la stampa si riferisce come Sarin, ma potrebbero essere anche altri composti con effetti simili sono neurotossici. Nelle vittime lasciano tracce che si possono evidenziare con test analitici che misurano il livello nel siero di un prodotto dell’idrolisi del Sarin. Esistono laboratori portatili capaci di fare le analisi essenziali e ci si sarebbe aspettato, ma non è stato così, che la missione Onu li avesse. Provare l’uso dei neurotossici in Siria è possibile.
E’ possibile fare questa verifica anche a giorni di distanza dal loro uso?
I composti neurotossici non lasciano tracce evidenti sul corpo delle vittime dopo la morte, non causano ferite evidenti, ma nel momento della loro assunzione danno una serie di sintomi che sono riconoscibili. Chi assorbe una dose non letale e non è trattato immediatamente, può avere danni neurologici permanenti. La natura di questi liquidi volatili rende difficile la permanenza se non per un periodo breve nell’ambiente, mentre nel corpo delle vittime sono tracciabili per qualche settimana. Quanto a lungo restano dipende anche da quali eventuali misture del neurotossico siano state usate, dalla temperature esterna, da quanto ci ha messo la vittima a morirne.
Quali sono gli studi principali che avete compiuto su agenti chimici e cosa potete affermare con certezza?
Noi abbiamo investigato l’uso di munizioni al fosforo bianco nel 2009 a Gaza e trovato che contengono e diffondono nell’aria metalli fetotossici e carcinogeni. Abbiamo anche dimostrato, e pubblicato scientificamente, che coppie che hanno subito attacchi con queste munizioni hanno maggiori probabilità di avere figli con malformazioni congenite, identificando quindi una correlazione tra esposizione e effetto sul feto che si manifesta a 2 anni dalla esposizione. Ciò mostra un effetto a lungo termine a seguito dell’uso di questa particolare arma chimica sulla salute riproduttiva della popolazione esposta e quindi il suo uso cade nella definizione di crimine di guerra e contro la umanità, per cui si fa riferimento al diritto internazionale.
Cosa prevede il diritto internazionale?
I neurotossici e le armi chimiche sono classificati come armi di distruzione di massa dalla risoluzione Onu 687 del 1991, usata per imporre le sanzioni all’Iraq. La Convenzione per la proibizione, lo svilulppo, la produzione e lo stoccaggio delle armi di distruzione di massa è del 1993 e la sua applicazione è monitorata dalla Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, che ha sede a L’Aia, in Olanda e della quale fanno parte tutti i firmatari della Convenzione. L’ uso dei neurotossici, come di altre armi chimiche, incluso quello delle munizioni al fosforo bianco, è stato vietato perché il loro raggio di azione è indiscriminato e non prevedibile.
In senso stretto, la Siria che non ha firmato la Convenzione, non dovrebbe rispondere di nulla perchè non ha preso impegni a non produrre, usare e a distruggere le armi chimiche. Più realisticamente, dichiarare la Siria colpevole di averla violata serve a creare una ragione di intervento.
Una ragione che si è cercata, quasi invocata, limitando il mandato degli accertatori Onu ed ancor prima che il loro lavoro sia terminato. Il mandato è limitato a verificare se il Sarin sia stato usato e non da chi. In realtà non è impossibile identificare il produttore del neurotossico usato, poiché è possibile ottenere prodotti neurotossici con additivi diversi che potrebbero fare risalire alla fonte di produzione, questo se gli stati che sono ancora in loro possesso, non solo la Siria, ma anche Usa, Israele, Russia, Arabia saudita e altri favoriscono davvero la indagine e non le hanno ottenute tutte dalla stessa fonte di stoccaggio. Questa sarebbe un pista da seguire, come possibile sarebbe paragonare i contenitori usati dai vari stati produttori/detentori e quelli fotografati sul posto. Queste informazioni potrebbero definire chi ha prodotto il neurotossico usato e dedurre chi lo ha usato, ma non se ne parla proprio.
Il problema è che il produttore potrebbe anche essere uno dei Paesi che ora stanno valutando l’azione militare contro il regime di Assad Bashar e, se venisse fuori una cosa di questo genere, questo li metterebbe evidentemente molto in imbarazzo.