Il Centro africano di studi sulla giustizia e la pace e Amnesty International hanno chiesto al governo sudanese di cessare immediatamente l’uso della forza arbitraria e illegale nei confronti dei manifestanti che da giorni protestano contro il taglio dei sussidi alla benzina.
Tra il 24 e il 25 settembre le forze di sicurezza hanno ucciso, colpendoli alla testa e al petto, almeno 50 manifestanti. Secondo fonti e attivisti locali, i morti sarebbero oltre 100. Solo a Omdurman, sono stati inviati all’obitorio 36 cadaveri ed eseguiti 38 interventi chirurgici. La maggior parte dei manifestanti uccisi erano di eta’ compresa tra 19 e 26 anni.
Le due organizzazioni si sono dette preoccupate anche per le centinaia di arresti eseguiti dai Servizi nazionali di sicurezza e d’intelligence (Niss) nei confronti di oppositori politici e attivisti, che rischiano ora di subire maltrattamenti e torture.
Dopo l’annuncio della cancellazione dei sussidi, il 24 settembre il prezzo del carburante e’ raddoppiato. Migliaia di persone sono scese in strada in tutto il paese, dapprima a Wad Madani e poi nella capitale Khartoum, a Omdurman, Port Sudan, Atbara, Gedarif, Nyala, Kosti e Sinnar. A Wad Madani e Omdurman i manifestanti hanno preso d’assalto edifici governativi, stazioni di polizia e pompe di benzina.
Il 25 settembre il governo ha chiuso l’accesso a Internet per diverse ore e il giorno dopo i direttori dei quotidiani di Khartoum sono stati convocati da un dirigente delle forze di sicurezza che ha intimato loro di limitarsi a pubblicare le notizie provenienti dalle fonti ufficiali. Il quotidiano Al Sudani ha contravvenuto all’ordine ed e’ stato chiuso.
Negli ultimi due anni, le forze di sicurezza sudanesi hanno regolarmente usato forza eccessiva nei confronti di manifestazioni in gran parte pacifiche.