di Dario Lo Scalzo
“Degli ultimi decenni poi rimangono nelle nostre memorie i conflitti etnici, le guerriglie di ogni sorta in svariati angoli del mondo, gli atti terroristici e le invasioni dei territori”
Mi è toccata una sveglia alle 4:30 stamattina per via d’impegni di lavoro all’estero. È buio, è notte, non c’è neppure il cinguettio degli uccelli, anch’essi ancora a riposo, e il silenzio è l’unico gradevole compagno di risveglio che segue il mio agire veloce: doccia, rapido caffè e via per il taxi che oggi, vista la partenza mattutina e vista la carenza di mezzi pubblici a quest’ora, mi porta all’aeroporto. Il tassista è sveglissimo. È uno di quelli preparatissimi ma logorroici che non vede un cliente da 3-4 ore e che tutto sa e su tutto sentenzia. Al mio arrivo è già nella fase esplosiva mentre di fronte si ritrova me, ben annebbiato nei pensieri poco colorati.
Parla di Siria, di Turchia, di Kenya, di No Tav, parla d’immigrazione, di stupri collettivi e persino delle proteste popolari. È un vulcano in eruzione che ascolto come un pugile andato al tappeto tre volte e che, dopo essersi rialzato, si ritrova all’angolo con un allenatore che continua a strillare che è il più forte. Mi lascia il tempo di respirare e, forse impietositosi e avendo capito che nel mio mondo, sono ancora le 5:15 del mattino, decide di accendere la radio. Dopo pochi secondi, una voce piacevole con toni alti e sorridenti annuncia che il 2 ottobre il mondo intero celebrerà la Giornata Internazionale della nonviolenza. I miei neuroni si scuotono a una velocità non prevista e si lanciano in un lungo processo di riflessioni che mi estraneano del tutto dal discorrere senza soste del conduttore.
Nel giugno del 2007 con una sua Risoluzione l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite decide di commemorare la data di nascita di Mahatma Gandhi promuovendola e celebrandola come giornata mondiale della nonviolenza. Certo è un atto tardivo, ma comunque meritorio. I miei pensieri accelerano di velocità e sintetizzano. Siamo a poco più di un lustro dalla prima celebrazione mondialmente pubblicizzata della nonviolenza ed il bilancio è spaventosamente drammatico. È quasi paradossale ed urtante costatare come negli ultimi anni, più che mai, si sia assistito all’ascesa e alla recrudescenza della violenza nell’intero pianeta.
Nel giugno del 2007 con una sua Risoluzione l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite decide di commemorare la data di nascita di Mahatma Gandhi promuovendola e celebrandola come giornata mondiale della nonviolenza
Degli ultimi decenni poi rimangono nelle nostre memorie i conflitti etnici, le guerriglie di ogni sorta in svariati angoli del mondo, gli atti terroristici e le invasioni dei territori e delle popolazioni dal sapore di nuovo colonialismo economico, molto spesso motivate e determinate dallo sfruttamento di risorse, di territorio, di spazi e di sovranità. Rimangono nelle menti le bombe, le guerre “chirurgiche”, le diatribe su armi chimiche e non armi chimiche, le violenze etniche, le insurrezioni civili pilotate, le sovranità popolari di molti paesi sistematicamente abusate e calpestate. Gli F35, i Drone da combattimento, le basi militari, le minacce di attacchi nucleari e quanto lunga potrebbe essere la lista degli atti di violenza fisica certificati e mediatizzati.
Ma la nonviolenza, quella che tra qualche giorno “tutto il mondo celebrerà” è più realisticamente un contenitore molto più grande. È una scelta etica, una strategia di consapevolezza e di azione che oggi, diciamocelo, è un valore sconosciuto al mondo politico, ai governanti ma anche tra i media la cui informazione dovrebbe invece nutrirsene indottrinando la collettività e, infine, in seno alla società, disattenta e poco sensibile al suo rilievo.
La nonviolenza sì, è vero, è lotta contro la violenza fisica, contro le guerre di ogni natura, incluse quelle che si proclamano guerre necessarie per la pace, ma è anche e soprattutto un atteggiamento positivo ed una maniera di vivere che rifiuta e non accetta nessuna forma di violenza: da quella religiosa, a quella discriminatoria, da quella politica a quella economica, da quella psicologica a quella razziale, da quella ambientale a quella mediatica, da quella intellettuale a quella morale, da quella interpersonale a quella sociale .
Così, a mio avviso, è giusto ricordare, commemorare il maestro e il saggio Gandhi, promuovere, educare, fare sapere, informare sul significato di quella giornata mondiale e della nonviolenza, ma non prendiamoci in giro sulle celebrazioni e i festeggiamenti della nonviolenza. Perché, al di là della sua etimologia, per la mia mente limitata, si celebra e si festeggia qualcosa che si è acquisito, che a noi proprio, che è divenuto nostra conquista sia a titolo individuale e come collettività. E di certo il mondo di oggi è ben lungi dal potersi dichiarare nonviolento. La nonviolenza non sembra essere neppure nei pensieri nè nell’immaginario di chi detiene la governance delle nazioni del globo né tanto meno nella moltitudine dei popoli che lo abitano.
“La nonviolenza deve essere il cambio culturale da radicare in noi stessi, deve essere uno stile di vita, una filosofia di pensiero supportato da una quotidiana applicazione”
La nonviolenza deve essere il cambio culturale da radicare in noi stessi, deve essere uno stile di vita, una filosofia di pensiero supportato da una quotidiana applicazione. È una maniera estremamente fine ed etica di approcciarsi al vivere quotidiano a tutti i livelli sociali. La nonviolenza si mette in pratica ogni giorno da parte di tutti quanti, ognuno con le proprie forze e nel proprio ruolo sociale.
Si è stanchi di vivere in questo mondo ovattato, in cui trionfano i formalismi, le chiacchiere da bar, le buone intenzioni verbali, le ipocrisie di governanti e cittadini, gli impegni e le promesse filosofiche e le profondità false. Siamo lontani, è bene saperlo e averne coscienza!
La nonviolenza è tutt’altro. E non corriamo immediatamente a guardare cosa fa il vicino di casa, o la nazione accanto, o come si comporta ed agisce il politico di turno o quello dello Stato più prossimo perché, sapete, la nonviolenza deve in primis essere dentro di noi e per conseguenza richiede un cambiamento personale che emerga dapprima interiormente per poi arrivare ad esprimersi in un comportamento sociale.
Viviamo in un mondo frantumato. Il nostro modello sociale ha fallito, e non per via della crisi economica, della crisi finanziaria e via dicendo. Fermiamoci un altro istante e riflettiamo. Stop! Viviamo una crisi di Amore senza precedenti. Il sistema ha fallito perché ha dato priorità alla violenza, alla volgarità, alla discriminazione, alla disumanizzazione delle interazioni e delle relazioni, alla legge del più forte, del più potente, della prevaricazione e della cupidigia. La cultura del rispetto a 360°, della pari dignità di ogni essere umano e del senso della comunità sono sepolti sotto la terra nauseabondo ed intollerabile degli egoismi, dell’interesse privato, della sopraffazione, del bieco potere, delle paure illusorie e dissimulatrici inculcateci per tenerci sottocontrollo.
Mario Luis Rodríguez Cobos detto Silo è stato uno scrittore e filosofo argentino. È l’ideologo del Nuovo Umanesimo[
La nonviolenza attiva è del resto e paradossalmente divenuta l’alternativa che fa paura; è ribelle, è rivoluzionaria, è eversiva, è spiazzante, è dirompente, è per assurdo una potenziale arma contro il sistema ed il potere. La nonviolenza è l’affermazione e l’applicazione dei principi costituzionali, è l’affermazione e l’applicazione della Dichiarazione universale dei diritti umani.
La nonviolenza è quello che il modello esistente vuole nascondere e disattendere; è ciò a cui il sistema, condotto da minoranze, ricordiamolo, non vuole educare per timore del risveglio delle menti e per evitare di crollare sotto le spallate di popoli interi, le maggioranze, che in fondo chiedono di vivere nel pacifismo, nella concertazione e nella cultura dell’amore. La nonviolenza è il sole e la luce che possono splendere giornalmente per il benessere di tutti gli esseri.
Salviamo le nostre vite, salviamo il nostro vivere e salviamo il nostro pianeta. Impegniamoci seriamente e con coscienza, agiamo e diamo concretamente voce ad un nuovo mondo. Pretendiamolo da noi stessi e dagli altri. Non fermiamoci solamente a “celebrare” la nonviolenza senza mai neppure aver provato a costruire un mondo nonviolento, senza conoscerla e senza avere giovato della sua enorme potenza benefica.
Non fermiamoci alle apparenze, impariamo ad ascoltarci, educhiamo ogni giorno alla bellezza e alle forme di nonviolenza e trasmettiamole alle precedenti così come alle nuove generazioni.
Ops, nel mio lento camminare tra i corridoi dell’aeroporto mi rendo conto adesso che l’aereo è perso, ma in fondo poco importa perché salirci su per tempo sarebbe stata una forma di violenza al mio folleggiante pensare…
La nonviolenza attiva è la vera ricchezza, è la guarigione.
“Ricorda che è necessario andare avanti nella storia e che è necessario imparare a ridere… e che è necessario imparare ad amare… a te, fratello mio, lancio questa speranza, questa speranza di gioia, questa speranza di amore… “ (Silo)