E’ probabile che molti italiani non sappiano dove sia l’Azerbaigian e che lo collochino vicino all’Afghanistan o a qualche altro paese il cui nome termina con “…stan”, suffisso di origine persiana che significa “paese di…”
Eppure l’Azerbaigian, collocato nel Caucaso e affacciato sul Mar Caspio, è una delle ex repubbliche dell’Unione Sovietica che per la sua collocazione geografica e per i paesi con cui confina – la Russia, la Georgia, l’Armenia e l’Iran – è destinato ad assumere sempre più un ruolo importante sullo scenario geopolitico.
Un voto senza sorprese
Il 9 ottobre vi saranno le elezioni presidenziali, ma il risultato appare a tutti scontato: sarà infatti a breve rieletto Ilham Aliyev, figlio di Heydar Aliyev, già presidente della repubblica in tempo sovietico, dal 1967 al 1982, quando lasciò la carica per diventare il primo e solo vicepresidente musulmano del consiglio dei ministri dell’Unione Sovietica, per poi essere cacciato da Gorbaciov e tornare quindi presidente dell’Azerbaigian indipendente dal 1993 per dieci anni. Ilham Aliyev sta terminando ora il suo secondo mandato e non avrebbe potuto ripresentarsi, ma il risultato del contestato referendum del marzo 2009 ha tolto ogni limite al numero di mandati consecutivi possibili.
Gli unici manifesti che si incontrano nella capitale Baku e in tutto il paese sono quelli del padre di Ilham Aliyev, di cui corre quest’anno il 90° anniversario della nascita, pubblicità indiretta ma esplicita a favore del figlio. Per poter vedere le facce degli aspiranti presidenti è necessario cercarle nei cartelloni che sono appesi fuori dagli uffici istituzionali o dalle sedi della polizia, anche se due volte al giorno ogni candidato ha a disposizione un ugual numero di minuti nella televisione nazionale per presentare se stesso e il suo programma e nelle edicole è possibile trovare anche giornali non direttamente espressione del presidente e del partito Yeni Azerbaijan che lo sostiene.
In questi giorni, nonostante manchino solo dieci giorni al voto, non abbiamo percepito un grande interesse per le elezioni tra la popolazione: il risultato appare scontato e la competizione non può quindi suscitare entusiasmo. D’altra parte il consenso del presidente uscente appare comunque solido. Questo è certamente dovuto al completo controllo della macchina statale, ma anche all’impetuosa crescita che il paese ha avuto negli ultimi anni, con un aumento del Prodotto interno lordo che per diversi anni ha raggiunto + 20% grazie ai proventi derivanti dal petrolio e dal gas. Nonostante la corruzione diffusa e l’accaparramento di risorse da parte dell’entourage presidenziale, una quota significativa della ricchezza nazionale è ricaduta su fette ampie della popolazione, che hanno visto migliorare la propria condizione di vita.
A ciò si aggiungono le promesse da parte del presidente su future riforme anche del sistema politico per migliorare gli standard di democrazia, attualmente ancora insufficienti; ad esempio è stata preannunciata una legge che prevede il finanziamento pubblico dei partiti. In una situazione nella quale il potere è concentrato in poche e salde mani questa promessa viene percepita come un fatto decisamente positivo.
Laicità e tolleranza
Anche sul piano sociale la situazione appare migliorata. In campo scolastico è diminuito l’assenteismo soprattutto nel primo grado di istruzione, mentre la disoccupazione è limitata e sotto controllo, anche se per differenti ragioni.
Infatti se i proventi del petrolio e del gas hanno contribuito a creare nuovi posti di lavoro, è anche vero che permettono allo stato di prorogare quella che era una caratteristica del periodo sovietico, ossia una piena occupazione raggiunta anche attraverso un elefantiaca presenza di posti di lavoro in alcune aree della pubblica amministrazione: al museo e alla fortezza di Saki, dove eravamo gli unici visitatori, abbiamo potuto contare circa venticinque dipendenti !! Seppure con numeri più contenuti, abbiamo verificato una situazione simile anche in altri occasioni.
Non è difficile comprendere che se oggi tutto ciò può funzionare da ammortizzatore sociale e da fabbrica del consenso per il governo, tale situazione non potrà prolungarsi all’infinito.
L’Azerbaigian condivide con il confinante Iran la stessa fede sciita, ma l’impressione che si ha arrivando a Baku è quella di un paese estremamente laico e tollerante; è rarissimo vedere per strada donne con il velo e quasi impossibile, almeno nella capitale, vedere un burqa. Nelle scuole di tutti i gradi le classi sono miste.
Le città appaiono estremamente pulite e decorose, la gente è cordiale, disponibile al dialogo e gentile; nelle facce e nelle parole dei giovani che abbiamo incontrato ho colto fiducia verso il futuro, ottimismo e una buona dose di gioia di vivere (caratteristiche oggi molto rare dalle nostre parti) e di voglia di conoscere il mondo. Tutti gli anni il governo permette a 200-300 studenti universitari di recarsi all’estero a studiare avendo pagate tutte le spese e il soggiorno, a condizione di ritornare poi in patria e di rimanervi almeno due anni lavorando per lo stato
L’incontro tra eredità sovietica e Islam
Lo stato appare svolgere ancora un ruolo molto importante nelle politiche sociali riguardo a scuola, lavoro e sanità e rimane un punto di riferimento forte per i cittadini; questo sembra essere anche il risultato di un particolare intreccio tra settant’anni di sistema sovietico e l’Islam di origine sciita, intreccio che sembra essersi realizzato senza troppi traumi in questi vent’anni d’indipendenza, forse anche per la sostanziale continuità nella gestione del potere.
La laicità, la tolleranza, l’apertura verso il nuovo senza una frattura radicale con il passato emerge anche dal Museo d’Arte Moderna: un’esposizione vasta che percorre tutto il ‘900, per giungere ad artisti impegnati nei più attuali percorsi di ricerca artistica senza alcuna censura.
A pochi centinaia di metri si trova un altro museo in una costruzione dall’immagine avveniristica di due vele che s’incontrano: è il museo che celebra le opere e la grandezza dell’ex presidente della Repubblica e padre di quello tutt’ora in carica. In questo contrasto ravvicinato tra un’arte libera di realizzarsi a 360° e una storia collettiva piegata al culto di un autonominatosi “Padre della Patria” sono rinchiuse tutte le contraddizioni dell’Azerbaigian di oggi.