Con una decisione clamorosa, la Corte Suprema israeliana ha bocciato un draconiano emendamento appoggiato dal governo di destra di Benyamin Netanyahu, che prevede arresti fino a tre anni per gli immigrati illegali. Secondo la Corte, la misura contrasta in modo sproporzionato con il diritto umano alla libertà ed è inconciliabile con la legge fondamentale di Israele.
Nel giugno scorso, i detenuti del carcere di Saharonim avevano fatto uno sciopero della fame, l’ultimo di una lunga serie, in segno di protesta contro la loro detenzione. La “Legge di prevenzione dell’infiltrazione”, modificata nel gennaio 2012, consentiva di detenere fino a tre anni i richiedenti asilo, senza fare alcuna distinzione tra rifugiati e immigrati clandestini e la motivazione può essere rintracciata nel commento che, nel maggio 2012, l’ex Ministro dell’Interno israeliano Eli Yishai aveva rilasciato in proposito. Secondo Yishai, gli immigrati africani rappresentano una “minaccia demografica” per il carattere ebraico dello Stato di Israele e un onere economico per servizi sociali.
Ora, grazie alla decisione della Corte Suprema, duemila immigrati africani, tra cui donne e bambini, provenienti da Sudan ed Eritrea, potrebbero presto riacquistare la libertà.