Il partito curdo dei lavoratori (Pkk) ha annunciato di aver interrotto il ritiro dei suoi combattenti dal territorio turco – avviato a maggio nell’ambito di un negoziato di pace con le autorità – denunciando “l’inazione” del governo di Ankara. In un comunicato citato dall’agenzia pro-curda Firat News il movimento armato ha accusato Ankara di “non voler progredire” nella realizzazione degli accordi raggiunti durante i colloqui.
Il Pkk ha reso noto che rispetterà comunque il cesste-il-fuoco in vigore con le forze armate turche
In particolare il movimento guidato dal leader Abdullah Ocalan rimprovera il parlamento turco di non aver ancora approvato un pacchetto di riforme finalizzate a rafforzare i diritti della minoranza curda nel paese.
In cambio del ritiro dei suoi circa 2500 combattenti sulle montagne del Kurdistan iracheno, il Pkk chiede emendamenti ai codici penale e elettorale, il diritto all’educazione in lungua curda e una forma di autonomia regionale.
Il mese scorso il primo ministro turco Recep Tayyep Erdogan aveva lamentato che un’amnistia generale per i ribelli e in particolare per Ocalan – in prigione dal 1999 – non sono “all’ordine del giorno”. Erdogan ha accusato inoltre il Pkk di non stare procedendo col ritiro nei tempi previsti e di aver finora provveduto al rimpatrio del 20% dei suoi ‘effettivi’ tra cui principalmente vecchi e bambini.
Le forze del Pkk hanno iniziato a ritirarsi dalle postazioni nel sud-est della Turchia lo scorso 8 maggio, dopo un cessate il fuoco dichiarato a marzo, allo scopo di porre fine a un conflitto che in trent’anni ha provocato la morte di 40.000 persone e devastato l’economia della regione.