Il 22 e 23 agosto la nave da crociera allestita dalla ong internazionale Peace Boat – si potrebbe tradurre come “Arca della Pace” – ha fatto scalo a Civitavecchia, dove è stata accolta con una certa solennità dall’amministrazione comunale: anche perché a bordo, insieme a un gruppo di hibakusha (i sopravvissuti del bombardamento atomico su Hiroshima e Nagasaki) c’erano due giovani “ambasciatori di pace” di Ishinomaki, sopravvissuti al terribile terremoto e tsunami che ha colpito la regione nord-orientale del Giappone l’11 marzo del 2011. E Civitavecchia è gemellata proprio con la città nipponica.
Così, grazie alla Delegata ai Gemellaggi del Comune di Civitavecchia, Carla Celani, gli ospiti giapponesi sono stati protagonisti di un incontro pubblico presso Forte Michelangelo, la fortezza che sovrasta il porto, sede del Centro storico culturale delle Capitanerie di porto, alla presenza di numerose autorità cittadine.
E’ stata l’occasione per ascoltare la testimonianza di Sayaka Takahashi e Shuhei Sakimura, che hanno raccontato a lungo come lo tsunami si sia abbattuto sulle loro vite.
Ma anche per ascoltare il signor Susumo Tsuboi, sopravvissuto a una tragedia più lontana: nato nel 1928, aveva 17 anni quando una bimba atomica è stata sganciata sulla sua città, Hiroshima.
Tsuboi è imbarcato sulla Peace Boat insieme a altri sette hibakusha (letteralmente, vittime delle radiazioni) nell’ambito del progetto chiamato Orizuru, dal nome della piccola gru di origami (carta piegata) che ne costituisce il logo: un tradizionale simbolo giapponese di speranza e di pace.
Il progetto Orizuru è cominciato nel 2008 ed è alla sua sesta edizione.
Permette ai sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki di condividere la loro testimonianza con scuole, governi, media e cittadinanze, o con vittime di altri conflitti o disastri in diverse parti del mondo.
I sopravvissuti, ha spiegato il signor Tsuboi, sentono il dovere di testimoniare ciò che è accaduto: ma il problema è “come raccontare il passato, come trasmettere i fatti storici in modo veritiero”. Testimoniare significa anche battersi per un mondo senza nucleare, ha detto. Ma non parlava solo di armamenti atomici.
Il signor Tsuboi sente il dovere di battersi contro l’uso dell’energia nucleare per almeno tre ragioni, ha spiegato agli ospiti di Civitavecchia: la prima è che non è stata trovata una vera soluzione per le scorie atomiche; poi perché al nucleare civile è sempre collegata la filiera militare. Infine, perché il reale pericolo atomico oggi è testimoniato da Fukushima, teatro del grave incidente nucleare seguito al terremoto e lo tsunami del marzo 2011: oltre due anni dopo, l’impianto continua a rilasciare materiale radioattivo, 150mila persone restano sfollate, “il problema non è risolto”.
La storia dei sopravvissuti “non è una storia del passato”, ha osservato Mayu Seto, giovane donna che accompagna il gruppo: anche lei è di Hiroshima, sua nonna è una hibakusha, “sono cresciuta con queste storie”. Ma sono storie “che devono spingerci ad agire: nel mondo oggi ci sono ordigni atomici molto più potenti di quelli sganciati sul Giappone nel 1945. Dobbiamo batterci per un mondo senza armi nucleari”.
E anche questo è il senso dell’attività di Peace Boat, ha concluso Nao Inoue, il direttore di questa crociera di pace.
L’incontro con la città di Civitavecchia presso il Forte Michelangelo è stato solo un momento della tappa italiana di Peace Boat.
foto scattata da Francesco Martone |
Prima, nel pomeriggio, il gruppo di hibakusha aveva accolto a bordo alcuni visitatori: Francesco Martone, già senatore e attuale responsabile esteri di Sinistra, Ecologia e Libertà (Sel) oltre che membro onorario della rete internazionale dei Parlamentari per la Non proliferazione e il disarmo nucleare; Ismaele De Crescenzo, consigliere comunale e capogruppo Sel di Civitavecchia, e la giornalista Marina Forti insieme a Yukari Saito del Centro di documentazione Semi sotto la neve che si è prestata a fare referente e traduttrice durante tutta la tappa.
Ne è nata una conversazione a più voci che ha messo a fuoco la necessità di trasmettere la memoria – ma, come ha detto di nuovo Mayu Seto, la memoria deve avere uno scopo: “evitare che tragedie simili si ripetano”. Dunque è un discorso sul presente e sul futuro quello che si è sviluppato tra incontri, interviste e momenti conviviali.
Dopo l’incontro pubblico presso Forte Michelangelo il gruppo di hibakusha si è trasferito a Roma, dove nel frattempo rientrava anche un gruppo di studenti di Fukushima che, sbarcato da PB in Grecia, aveva fatto una giro in Germania visitando alcuni siti che dimostrano lo sviluppo delle energie rinnovabili, alternative al nucleare.
Così la mattina del 23 agosto il signor Tsuboi, con Sakura Takano, studentessa universitaria residente in Fukushima, il fotoreporter Naomi Toyoda, autore tra l’altro di un libro-reportage sulle conseguenze del disastro alla centrale nucleare che uscirà prossimamente anche in italiano, insieme a Seto Mayu e Yukari Saito sono stati ospiti negli studi della Rai, la Radiotelevisione Italiana, per una intervista radiofonica andata in onda quello stesso giorno durante la trasmissione pomeridiana Fahrenheit (link al sito) su Radio3.
Ancora alcune interviste, poi il ritorno a Civitavecchia, da cui la Peace Boat è salpata in serata per proseguire il suo giro attorno al mondo: è l’80esimo viaggio dell’Arca della pace, e segna i suoi trent’anni di attività.
Ne hanno parlato:
Oltre al sito di Farenheit:
a cura di Marina Forti
投稿者 Centro di documentazione “Semi sotto la neve” 時刻: domenica, agosto 25, 2013