Nella recente discussione parlamentare sull´acquisto degli F35 è stato completamente ignorato, anche dagli interlocutori più documentati, non solo il problema delle testate nucleari statunitensi in Italia, ma anche, e forse soprattutto, il rischio del tutto nuovo che esse potrebbero rappresentare rispetto alla strategia nucleare globale. Le considerazioni che seguono, in termini problematici, non derivano da nessun documento ufficiale che faccia pensare a cambiamenti della strategia di fondo, ma da un ragionamento che collega alcuni fatti, che mi sembrano inoppugnabili, anche se non mi sembra siano stati rilevati nel loro insieme dai commentatori più documentati e avveduti in materia.
Mettiamo dunque in ordine alcuni fatti.
Primo. Il numero di testate nucleari tattiche statunitensi in Europa ha subito una drastica riduzione dopo il Trattato INF (Intermediate Nuclear Forces) del 1987 – che (dopo la “crisi degli Euromissili”) eliminò tutti i missili a medio raggio, proiettili e altre tipologie – e il successivo crollo del Blocco dell´Est, lasciando circa 500 testate a gravità schierate in paesi europei della NATO (la quale, dal “Nuovo Concetto Strategico” del 1999, e successive revisioni, ha considerato gli armamenti nucleari come componente essenziale della propria strategia). Il numero di queste testate nucleari è rimasto praticamente invariato per una quindicina d´anni, finché attorno al 2005-2006 è stato ulteriormente ridotto, lasciando circa 160-180 testate schierate: del tipo B61-3 e B61-4.
Una prima domanda: perché a questo punto non sono state rimosse tutte? È prevedibile che sia solo questione di tempo? È proprio necessaria qualche decina di testate? O c´è sotto qualche problema? Non mi risulta che nessuno si sia posto questa domanda. Si tenga presente che la manutenzione e il controllo delle testate nucleari operative comportano spese notevoli, e vi sarebbe quindi una ragione obiettiva per la riduzione del loro numero (vi tornerò alla fine).
E tre prime osservazioni. La riduzione non ha praticamente riguardato le testate schierate in Italia (70-90 nelle basi USA di Aviano e italiana di Ghedi Torre) e in Turchia: sarà un caso che questi due paesi siano tra i più allineati agli USA? D´altra parte, è ben noto che la strategia statunitense (e della NATO, che ne è una fotocopia) si sta spostando dal centro Europa al fianco Sud e al teatro africano: da cui il potenziamento di Vicenza e la militarizzazione della Sicilia (MUOS e compagnia).
Seconda osservazione. Si deve stare ben attenti al fatto che “rimuovere” delle testate dall´arsenale operativo non significa in nessun modo “eliminarle”. Basta osservare le più recenti valutazioni sulla consistenza degli arsenali nucleari (Status of World Nuclear Forces, http://www.fas.org/programs/ssp/nukes/nuclearweapons/nukestatus.html). Il numero di testate strategiche schierate operative (tre specificazioni essenziali) di USA e Russia è valutato rispettivamente in 1.960 e 1.800, ma il numero totale di testate negli arsenali è valutato rispettivamente in 7.700 e 8.500. Perché questa enorme differenza? Il problema è piuttosto complesso, ma una spiegazione è che molte testate rimosse dallo stato operativo passano nell´arsenale di riserva, dal quale potrebbero essere riportate nell´arsenale operativo in caso di necessità (altre sono in attesa di essere smantellate, ma l´operazione procede a rilento, e intanto queste testate rimangono intatte).
Terza osservazione (ma si tratta di un fatto). Una ulteriore occhiata alla tabella suddetta mostra una seconda colonna che riguarda testate operative non strategiche (che a volte sono chiamate tattiche). Per gli USA è riportato il numero di 200, ma si tratta proprio delle testate tattiche schierate in Europa, che dalle ultime valutazioni sembra ridotto alle 160-180 di cui abbiamo parlato. Per inciso, non tragga in inganno il numero “zero” della seconda colonna per la Russia, perché questo numero deve essere letto insieme alla terza colonna e alle note b e c: Mosca ha probabilmente qualcosa come 2.000 o più testate non-strategiche, che però non sono contate come operative (per maggiori informazioni: Hans Kristensen, Non-Strategic Nuclear Weapons, Federation of American Scientists, 2012, http://www.fas.org/_docs/Non_Strategic_Nuclear_Weapons.pdf).
Alla precedente osservazione si collega il secondo fatto. Il Nuovo Trattato STRAT (Strategic Arms Reduction Treaty) del 2010 pone un tetto per gli arsenali strategici operativi di USA e Russia per l´anno 2017 di 1.550 testate e 700 vettori per parte. Ma il trattato, come indica il suo nome, non riguarda le testate tattiche. Ne segue che – a parte alcuni “trucchi” adottati dal trattato che a conti fatti consentono più di 1.550 testate, come il fatto che esso conteggia come una sola testata un bombardiere, che ne trasporta molte – le testate tattiche non sono conteggiate in questi limiti. Di fatto esse costituiscono uno dei problemi più grossi per procedere al disarmo nucleare, ma su questo ritornerò.
Il terzo fatto, che è balzato alle cronache italiane recentemente ma in realà risale a qualche anno fa, è che gli USA hanno varato un costoso programma (circa 10 miliardi di dollari) per “ammodernare” queste testate: chiamato Life Extension Program, produrrà in realtà una testata con nuove e potenziate potenzialità militari (rinvio di nuovo per dettagli al citato studio di Kristensen): da componenti delle testate B61-3 e B61-4 verrà realizzata la nuova testata B61-12, con alette di guida che le conferiranno un notevole miglioramento della precisione, per cui anche senza un aumento di potenza esplosiva potrà distruggere obiettivi che oggi richiedono potenze superiori.
La domanda che avevo posto in precedenza allora si complica: se si investe una somma simile per ammodernare 160-180 testate, forse non solo non vi è nessuna intenzione di rimuoverle, ma al contrario esse sono destinate ad avere una notevole importanza militare. Eventualmente quale?
Il quarto fatto è che gli F35 sono progettati in modo da poter trasportare proprio la nuova testata B61-12.
E qui si pone una ulteriore domanda. Perché vi sono pressioni così forti perché l´Italia non si sottragga dall´acquisto di 90 F35? E qui è strano che nessuno abbia osservato una “coincidenza” tra questo numero e il numero presunto di testate schierate in Italia! Il Canada ha disdetto l´acquisto e non consta che sia caduto il mondo. Vero è che l´Italia, come già osservavo, è l´alleato più subalterno, e che la Lockheed Martin ha interessi colossali per vederlo: ma non ci sarà sotto qualcos´altro?
Proviamo ora a mettere insieme questi fatti, e le domande che ho posto, con ulteriori considerazioni, che ovviamente – lo sottolineo – non possono che avere un carattere altamente ipotetico e speculativo, in assenza di documenti ufficiali. Ma qualche “spiegazione” ai fatti precedenti dovrà pure essere data!
Come abbiamo osservato, le 160-180 testate tattiche americane schierate in Europa non rientrano nel conteggio dei limiti imposti dal Nuovo START. Neanche le testate tattiche russe vi rientrano, e il loro numero è molto maggiore, ma vi è una differenza (che era ben chiara ai tempi della “crisi degli Euromissili” nei primi anno ´80): mentre le testate americane schierate un Europa sono in grado di colpire direttamente il territorio della Russia, le testate russe non sono invece in grado di colpire il territorio degli Stati Uniti, per i limiti nella gittata degli armamenti tattici. Questa differenza poteva non essere fondamentale ai tempi della Guerra Fredda, in cui l´Europa Centrale sarebbe stata il teatro di un eventuale scontro militare tra i due blocchi, ma può esserlo oggi, quando la strategia degli USA-NATO si sposta verso il fianco Sud, e può diventare cruciale tenere sotto tiro il territorio russo.
Inoltre, non solo le 160-180 testate tattiche non rientrano nei limiti imposti dai trattati, ma i 90 F35 che comprerebbe l´Italia non saranno, ovviamente, vettori statunitensi, e a maggior ragione non rientreranno quindi nel conteggio del limite di 700 vettori (strategici) imposti dal Nuovo START.
Se sono riuscito a svolgere un filo logico in argomenti che sono oggettivamente complicati (e generalmente poco noti), la conclusione ipotetica dovrebbe emergere in modo abbastanza naturale. Le 160-180 testate americane tattiche schierate in Europa, ammodernate nel tipo B61-12, e in parte trasportate da bombardieri che non appartengono alla U.S Air Force, potrebbero costituire un elemento fondamentale, non dichiarato, di un cambiamento nella strategia nucleare (nuclear posture) degli USA: potrebbero costituire cioè una componente permanente dell´arsenale nucleare, che consente di aggirare i limiti imposti dai trattati e di tenere sotto tiro la Russia in modo straordinariamente efficiente. Ovviamente tutto questo implica che le armi nucleari vengono mantenute (a ammodernate) con la precisa intenzione di usarle in caso di necessità (cosa che era evidente da una quindicina d´anni, quando il processo di riduzione iniziato dopo il crollo dell´URSS rallentò e quasi si arrestò: va sottolineato il cambiamento di strategia rispetto alla Guerra Fredda, quando i sovradimensionati arsenali nucleari erano “giustificati” come deterrenti, cioè almeno a parole le armi nucleari venivano realizzate “per non venire usate mai”).
Aggiungo due ulteriori osservazioni a questo già lungo ragionamento.
Una riguarda i nostri governanti e la nostra classe politica. La domanda è “ci sono o ci fanno”? Conosciamo bene la profonda ignoranza dei nostri politici su queste questioni. Ma conosciamo altrettanto bene la loro assoluta subalternità agli USA. Nessun governo italiano ha mai nemmeno ammesso la presenza di armi nucleari sul nostro territorio (fin dallo schieramento dei primi missili Jupiter in Basilicata nel 1959, che avvenne alla chetichella). Al contrario, cinque paesi europei della NATO si sono espressi per la rimozione delle testate schierate in Europa. La Germania ne ha espressamente chiesto la rimozione in sede NATO, ricevendo un netto rifiuto. E la Germania non acquisterà gli F35, ma gli Eurofighter, che non sono progettati con capacità nucleare. Continueremo a dire che l´Italia è uno Stato non nucleare?
Una seconda osservazione è più generale, ma sembra opportuna. Perché il Nuovo START si è fermato a un timido tetto di 1.550 testate per parte, e per il 2017? La risposta più probabile è che, dopo un anno di trattative, sia stata Mosca a rifiutare riduzioni maggiori, perché nutre un vero (e giustificato) terrore verso il sistema di difese antimissile che gli USA sviluppano e schierano. Un tale sistema, se realmente efficiente, conferisce una netta superiorità, consentendo un first strike nucleare, per la possibilità di distruggere i missili della ritorsione dell´avversario. Il modo più “economico” per la Russia per difendersi è mantenere (visto che già li possiede) un numero notevole di testate e vettori, in modo da potere “saturare” le difese missilistiche (i cui test continuano a mostrare fallimenti, tanto che il Pentagono pensa alla possibilità di utilizzare più di un intercettore per ogni missile attaccante). Anche per questo Mosca mantiene un profilo ambiguo sul proprio arsenale tattico, e non decollano negoziati per eliminare le testate tattiche. Questo farebbe capire ancora meglio la scelta degli USA per le 160-180 testate tattiche in Europa. Si tenga presente che ne bastano poche (visto anche l´alto costo di mantenimento) quando sono integrate con il sistema di difesa antimissile: e qui vi è un ultimo elemento, gli F35 saranno dotati di capacità stealth, cioè sfuggiranno all´individuazione dai radar.