Cari Dolce e Gabbana,
nel leggere le dichiarazioni che avete rilasciato in questi ultimi giorni ci sarebbe da farsi grasse risate, se non ci fossero degli aspetti inquietanti che accompagnano da anni il lavoro della Vostra azienda.
La questione dell’evasione, pur grave di suo, infatti, non è che l’ultima notizia che vi riguarda. Ma siamo proprio sicuri che sia la più grave?
Vorremmo ricordare ad esempio che, come molte altre aziende del settore, voi siete abituati a produrre i vostri preziosissimi capi in posti in cui mancano le basilari norme sulla sicurezza dei lavoratori, nonché le principali tutele sindacali e di rappresentanza. Vi ricordate la sabbiatura dei jeans? Si tratta di una tecnica adoperata per dare ai denim un aspetto logoro e sbiancato: viene realizzata sparando della sabbia con dei compressori ad alta pressione, liberando nell’aria particelle di silice altamente dannose per la salute degli operatori che la praticano. Può portare alla morte nel giro di pochi anni.
Vi ricordate come avete reagito quando ve ne abbiamo parlato? Al contrario di molti altri marchi, anche italiani, che si sono impegnati ad abolire questa tecnica dalle loro catene di fornitura, Voi non avete nemmeno risposto alle nostre domande. Anzi, quando persino le Iene hanno cercato di chiederVi spiegazioni in merito, ci avete accusato di protagonismo.
E devono essere malate di protagonismo anche quelle donne che hanno raccontato come si producono gli abiti, anche Vostri, nelle fabbriche di Tangeri: eccesso di ore lavorative, bassi salari, abusi verbali e fisici, arbitrarietà nelle assunzioni e nei licenziamenti, misure disciplinari sproporzionate e ostacoli all’azione sindacale. Gli straordinari sono obbligatori e generalmente non retribuiti. La giornata lavorativa supera le 12 ore, sei giorni a settimana per salari che non vanno oltre i 200 euro mensili e che, a volte, stanno anche al di sotto dei 100 euro mensili. Le operaie più giovani, spesso minori di 16 anni, sono considerate apprendiste e vengono fatte lavorare senza contratto le stesse ore delle altre, con una paga però di 0,36 centesimi di euro all’ora, tre volte meno delle colleghe. (vedi rapporto La moda española en Tánger: trabajo y superviviencia de las obreras de la confección).
Ci piacerebbe allora che provaste a spiegare alle persone che vengono sfruttate nella Vostra catena di fornitura le ragioni della Vostra indignazione: chissà, per la legge dei grandi numeri, magari una riuscite anche a convincerla.
In fede
Campagna Abiti Puliti