Tom Perriello, ideologo delle “guerre umanitarie”, e Barack Obama: due progressisti in divisa (foto PeaceLink)

esce a puntate il libro denuncia di Patrick Boylan, “Progressisti in divisa”.

 

Ti senti mai colpevole di non impegnarti abbastanza per contrastare le guerre e per appoggiare la pace?  Ti chiedi mai perché, rispetto ai tempi del Vietnam e dell’Iraq, la gente di oggi contesta meno le guerre alle quali l’Italia continua a partecipare: in Afghanistan, in Libia, ora (per procura) in Siria?

“Non è un caso.  E’ un comportamento voluto e indotto”, scrive Patrick Boylan nel suo nuovo ebook che esce a puntate, a partire da oggi, sulla rivista online MegaChip ( http://megachip.globalist.it – il tema di ogni puntata verrà segnalato sulla prima pagina del sito PeaceLink nella rubrica “Ultime Novità”).

“Infatti ci capita a tutti di provare, umanamente, il sentimento della stanchezza, il sentimento dell’assuefazione alle guerre infinite, il sentimento dell’inutilità di continuare a lottare.   Ma essi sono anche sentimenti” –  spiega Boylan –  in gran parte indotti dalla guerra ideologica e dalla guerra psicologica che il potere conduce contro tutta la Sinistra e, in particolare, contro i pacifisti.”

Intitolato Progressisti in divisa: la Sinistra pacifista viene arruolata, l’ebook documenta puntigliosamente alcuni casi di personalità della Sinistra pacifista reclutate dal potere per perorare la causa di una guerra e quindi ottenere consensi per l’interventismo militare.  O se non ci riescono, almeno per disorientare e paralizzare chi, normalmente, si sarebbe opposto d’istinto all’uso della violenza per combattere le violenze – appunto, come quelle in Afghanistan, in Libia ed ora (per procura) in Siria.

Oltre a reclutare i Progressisti in Divisa, il potere espropria intere istituzioni tradizionalmente progressiste: da Amnesty statunitense e dalla FIDH francese, a RaiNews24 e alla Tavola della Pace qui da noi; dal sito Avaaz, transnazionale, ai forum Internet dei pacifisti italiani.

Un esempio per tutti: dopo la nomina pilotata di una ex assistente di Hillary Clinton alla presidenza di Amnesty (USA), l’ong ha smesso di chiedere la chiusura della prigione di Guantanamo e ha cominciato a chiedere invece (in linea con la nuova politica della Casa Bianca) solo la fine della tortura e un processo per i detenuti.  In passato Amnesty aveva chiesto il ritiro immediato e completo delle truppe dall’Afghanistan.  Ma ora, sotto la sua nuova presidenza, Amnesty sta ripiegando: chiede, attraverso i propri iscritti,  che il governo afgano prenda dei provvedimenti concreti sulla parità di genere, come condizione per il ritiro delle truppe.  Ovviamente ciò significa rimandare il ritiro a chissà quando.  In passato Amnesty aveva chiesto la riconversione dell’industria bellica americana (che controlla ormai il 78% del mercato mondiale delle armi) in produzione civile.  Ma ora, sotto la sua nuova presidenza, sta solo rivendicando, tramite i suoi iscritti, una vendita più trasparente delle armi.  In pratica, per via di questi slittamenti ideologici nelle rivendicazioni che Amnesty fa fare ai suoi iscritti, la nuova presidente è riuscita ad inquinare il dibattito sui temi della guerra e della pace e a confondere le idee a chi riceve le sue petizioni.

In una parola, è riuscita a disorientare i pacifisti americani.  Lo stesso processo avviene anche in Italia, tramite tutte quelle istituzioni che vengono espropriate.

Accanto alla sua guerra ideologica contro i pacifisti, il potere conduce anche una guerra psicologica per creare disinteresse verso la politica estera in generale e verso le questioni di guerra e di pace in particolare.  Questa guerra psicologica serve anche per accrescere il sentimento di inutilità della lotta e ad indurre all’assuefazione e alla rassegnazione davanti ai conflitti che sembrano non aver mai fine.

Invece è sempre possibile opporsi alle guerre ideologiche e psicologiche – scrive Boylan nella seconda parte, quella propositiva, del suo libro – basta riconoscere e smascherare chi sono i Progressisti in divisa e quali sono le Istituzioni che vengono espropriate.   Ma prima bisogna intraprendere un lavoro di autoanalisi e riconoscere di essere stati manipolati – non è facile né piacevole, ma è necessario per liberarsi.  Poi, per dare sfogo alla rabbia prodotta dalla scoperta di essere stati manipolati, Boylan propone alcune attività di guerriglia economica pacifista, dettagliatamente descritte: sono quelle che incidono di più perché colpiscono i profitti, il motore delle guerre.

Al termine della pubblicazione a puntate dell’ebook Progressisti in Divisa, l’opera integrale sarà

pubblicata gratuitamente in formato pdf, DRM free, anche sul sito PeaceLink.

Note: Dal sito MegaChip:
http://bit.ly/pid-01