Il colonnello Denise Lind, il giudice militare che presiede la corte marziale contro il soldato americano Bradley Manning, ha confermato l’accusa più grave nei suoi confronti: quella di aver collaborato coscientemente con il nemico, passando centinaia di migliaia di documenti riservati a WikiLeaks.
Il collegio di difesa di Manning aveva chiesto al giudice di lasciar cadere l’accusa, per la quale Manning rischia la condanna all’ergastolo senza diritto alla libertà condizionata, oltre a una condanna aggiuntiva a 154 anni. Giovedì 18 luglio però Lind ha sentenziato che esistevano prove sufficienti a dimostrare che passando l’informazione a WikiLeaks, Manning aveva consapevolmente aiutato gruppi nemici come Al Qaeda.
La settimana scorsa il professore di diritto di Harvard Yochai Benkler ha dichiarato che secondo una simile argomentazione “qualsiasi fuga di notizie a un mezzo di comunicazione che possa essere letta da un nemico in qualsiasi parte del mondo equivale automaticamente a collaborare con il nemico”. Il processo comunque continua.