Forse non è un caso che l’attuale disegno di legge costituzionale che vorrebbe imporre nuovi modi e tempi per modificare la Costituzione, sia contrassegnato da un numero, l’813, che è costituito dalle stesse cifre, messe però in successione diversa, dell’articolo 138 della Costituzione che ha regolamentato finora le forme con cui possono essere realizzate le suddette modifiche, garantendo che la stessa carta costituzionale non venga stravolta nel suo impianto fondamentale.
Caso o non caso, sta di fatto che è in corso l’attacco alla nostra carta fondamentale forse più aggressivo che mai si sia visto da quando è entrata in vigore.
Sicuramente non è un caso, invece, che usiamo il termine “attacco” anziché altri termini come “modifica”, visto che non riteniamo la Costituzione una carta non migliorabile, soprattutto se tali cambiamenti andassero nel senso di favorire un avanzamento del livello di democrazia in questo paese.
Con un livello di improvvisazione degno di una classe politica lontana mille miglia, in termini di autorevolezza e capacità di rappresentare la volontà del popolo, da quella che elaborò una Costituzione nata dalla resistenza al nazi-fascismo, si vorrebbero modificare le forme di Stato e di Governo in senso presidenzialista, accentrando anziché decentrando il potere, andando cioè nel senso esattamente contrario all’evoluzione di una democrazia da formale a reale.
Si pensi solo a questo aspetto: le modifiche alla Costituzione sono state previste sulla base di una valutazione ben ponderata da parte di un Parlamento in cui, tramite una legge elettorale proporzionale pura, tutti i cittadini votanti sono rappresentati, senza norme dopanti, come le soglie di sbarramento o i premi di maggioranza, inserite dalle strampalate modifiche apportate negli ultimi vent’anni.
Come può, quindi, un parlamento, da cui sono stati esclusi i rappresentanti di centinaia di migliaia di elettori e in cui sono stati artificialmente moltiplicati i seggi occupati da pochi partiti, avere il diritto di modificare una Costituzione che è nostra, cioè di tutti i cittadini?
Sembra proprio la tipica tattica di chi è talmente confuso da dimenticare, più o meno consapevolmente, che l’unica riforma che andava fatta con la dovuta sollecitudine era proprio quella della legge elettorale. Ma non qualsiasi riforma. Una riforma che, come prevede il sistema proporzionale puro, ridesse a tutti i cittadini la possibilità di veder rappresentate in parlamento le proprie posizioni.
In ogni caso e in conclusione, questo attacco alla Costituzione va fermato. Subito.
Non abbiamo alcun rispetto di chi attacca la Costituzione. E siccome quella Carta nacque perché ci fu una Resistenza partigiana, noi consideriamo chi attacca la Costituzione né più né meno come un fascista, qualunque sia la carica che ricopre all’interno delle istituzioni.
Parola di umanisti.