L’Unione Europea decide di cancellare l’embargo di armi verso la Siria martoriata dalla guerra civile, dando la possibilità ai paesi membri di fornire armamenti ai ribelli in lotta con il regime di Assad. La Rete Disarmo sottolinea – anche richiamando il simile caso libico come le armi siano la vera benzina che alimenta le guerre e non possano contribuire ad una vera soluzione di situazioni così complicate. L’auspicio è che il Governo italiano (anche nel rispetto delle proprie leggi) non invii materiale militare nella regione.

Ancora una volta la comunità internazionale ritiene di risolvere gravi situazioni di conflitto non attraverso la via diplomatica e negoziale, ma attraverso l’uso delle armi. L’allentamento dell’embargo di rifornimenti di armi da parte dell’UE alle forze anti-Assad, voluto in primis dalla Gran Bretagna e dalla Francia, che da tempo premevano in tal senso, conferma la difficoltà di una linea omogenea e condivisa nell’Unione in questo specifico ambito, come è già avvenuto nella vicenda libica.

Le forti contrarietà e perplessità da parte di diversi partner in tale prospettiva hanno portato di fatto ad una decisione pilatesca, per cui ogni Governo è libero di decidere come vuole, di fatto rendendo vana la norma comunitaria sulle esportazioni di tecnologia ed equipaggiamenti militari, la Council Common Position 2008/944/CFSP dell’8 Dicembre 2008, che le consente in base ad una serie di criteri, che in questo caso ignorati, cioè i criteri 2 (rispetto dei diritti umani) e 3 (esistenza di tensioni e conflitti armati). Infatti, ad esempio, lo stesso governo austriaco aveva messo in guardia i propri partner europei contro un’eventuale intenzione di fornire ai ribelli siriani materiali d’armamento, ritenendo che tali forniture rappresentassero “una violazione del diritto internazionale e delle leggi fondamentali dell’Unione europea” oltre che “dei principi della Carta delle Nazioni Unite in materia di non-intervento e uso della forza”, come ha riportato “Die Presse”.

Non va dimenticata l’opposizione sinora dimostrata anche da parte dell’amministrazione Obama, che sinora ha ufficialmente rifiutato il rifornimento di armi alle forze di opposizione ad Assad, anche per l’evidente preoccupazione relativa alla possibilità (se non certezza) che tali armi finissero in mano alla componente armata islamica radicale come Jabbat al-Nusra, affiliato ad al-Qaeda, ad oggi probabilmente la più organizzata e forte nel conflitto siriano, o come Ahrar al-Sham, composta per lo più da siriani.

Colpisce ancora di più il fatto che l’UE sia stata tra i paesi che più hanno volto l’approvazione dell’ATT Arms Trade Treaty, recentemente approvato dall’ONU e teso proprio ad evitare che le armi vadano ad aggravare situazioni di tensione o di conflitto.

Il timore del ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, era che tra le vittime del conflitto siriano ci fosse anche l’istituzione dell’UE si è rivelato esatto, anche se ha cercato di minimizzare l’impatto della decisione finale. Va ricordato che l’Italia ha dal 1990 una legge, la 185, che, seppur modificata nel corso degli anni, ha dei criteri assai più stringenti e precisi rispetto alla Council Common Position, in cui dice testualmente che vi è il “divieto di esportazione verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere (vincolante) favorevole delle Camere“.

Pertanto la Rete Italiana Disarmo auspica che, vista anche la posizione negativa espressa dal ministro degli esteri Bonino rispetto a forniture di armi, il Governo italiano, oltre a rispettare le proprie leggi, si adoperi il più possibile a livello comunitario ed internazionale per contribuire ad una soluzione negoziale del conflitto siriano.

 

 

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