Di Roberto Savio/IDN
ROMA (IDN | Altre notizie ) – Per molto tempo è stato considerato un dato di fatto che, mentre l’Europa era basata sul mantenimento di una società più giusta e su valori sociali e solidarietà, gli Stati Uniti si basavano sull’esaltazione dell’individualismo e della concorrenza, considerando “socialista” tutto ciò che aveva sapore di “pubblico”. Uno dei temi principali dell’ultima campagna elettorale negli Stati Uniti è stata l’accusa lanciata a Barack Obama di voler trasformare gli Stati Uniti in un’altra Europa, a cominciare dalla riforma del sistema sanitario.
Ebbene, è ora di aggiornarsi – i difensori del fondamentalismo del mercato sono arrivati in Europa.
Nel corso dell’ultima riunione dei ministri delle Finanze il 9 aprile, il segretario del Tesoro statunitense Jacob J. Lew, fresco di nomina, ha cercato di convincere gli europei che la migliore medicina per i loro problemi economici era allentare i loro impegni di austerità.
Il Tesoro americano, insieme con la Federal Reserve, dopo aver lanciato una politica di stimolo economico, ha ottenuto successi piuttosto concreti. Ogni mese, la Fed da sola va immettendo 80 miliardi di dollari nel mercato obbligazionario. Per inciso, anche in Giappone succede lo stesso, su scala ancora maggiore. La proposta di Lew è stata accolta con un fermo rifiuto: il modo migliore per ottenere una crescita a lungo termine (nonostante tutte le prove del contrario) è tagliare il deficit e rassicurare i mercati, anche a costo di aumentare la disoccupazione e la povertà sociale nel breve termine.
Il ministro delle finanze più potente d’Europa, il tedesco Wolfgang Schäuble, ha affermato: “Nessuno in Europa vede questa contraddizione tra crescita e consolidamento fiscale. Dobbiamo mettere fine a questa diatriba secondo la quale bisogna scegliere tra austerità e crescita.” Gli ha fatto eco il presidente dell’Unione Europea, Herman Van Rompuy: “Non c’è spazio per l’autocompiacimento . Le economie europee hanno un alto livello di debito, sfide strutturali di medio termine e turbolenze economiche a breve termine che bisogna affrontare”.
Turbolenze economiche
Queste turbolenze economiche a breve termine sono la realtà quotidiana di tutti i paesi dell’Europa meridionale. Basta vedere come la disoccupazione giovanile sia salita al 22% in tutta Europa (in Spagna rasenta il 47%) per capire che stiamo sprecando un’intera generazione, che non potrà avere accesso a una casa o a una pensione futura. Che ci piaccia o no, uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro prevede che la generazione ora in entrata nel mercato del lavoro andrà in pensione con 640 euro al mese. È forse questa una società sostenibile?
La reazione del primo ministro britannico David Cameron di fronte alla perdita del rating AAA del proprio paese è stata quella di confermare ancora di più il suo impegno di austerità, anche con tagli di spesa al sistema sanitario e all’educazione, approfittando delle cerimonie in occasione del funerale di Margaret Thatcher, precursore dello smantellamento dello stato sociale, per porsi come l’erede della Lady di ferro: TINA, There Is No Alternative. (Non ci sono alternative)
Nel frattempo, sono arrivati i dati riguardanti Cipro. È ampiamente accettato che perderà almeno il 2% di PIL nei prossimi mesi e l’impatto sociale sarà drammatico. Presto, si vedrà costretta a chiedere un altro salvataggio.
Ma con la nuova formula imposta dalla Germania, che è quella di far pagare il salvataggio ai clienti delle banche e agli investitori, questi hanno già perso il 60% del loro denaro. Sarà interessante vedere quale via sceglierà la Germania per il nuovo piano di salvataggio. La banca di Cipro ha già venduto tutte le sue riserve d’oro. Che cosa estorceranno ora, la vendita delle case?
Stando alle voci, questo è quello che verrà richiesto in Spagna e in Italia, dove i cittadini dovrebbero pagato un importo una tantum e i depositi bancari sarebbero tassati come condizione per il denaro europeo. Allo stesso tempo, la Germania siede comodamente sul suo surplus commerciale con l’Europa meridionale, che ha raggiunto, secondo l’OECD, la magica cifra di 1 trilione di euro. E i salvataggi di Grecia, Portogallo e Irlanda erano diretti al rimborso di cattivi investimenti bancari tedeschi.
Tuttavia, la situazione delle banche e il volume di titoli tossici da loro posseduti sono ancora poco chiari. Circolano diverse cifre: quello su cui tutti concordano è che le banche hanno ancora bisogno di denaro per stabilizzarsi. Il caso di Bankia in Spagna è emblematico. Il governo vi ha riversato 72 miliardi di dollari, somma superiore a quanto derivato dai tagli a sanità ed educazione. Le banche sono forse diventate più sagge e meno speculative ora che sanno che saranno salvate comunque?
Le ultime notizie da Wall Street sono rivelatrici. Le banche che hanno creato quelle rischiosi miscele di ipoteche e prestiti – i cosiddetti derivati che hanno prodotto quell’immane disastro che a sua volta ha innescato la crisi attuale (con il contributo aggiuntivo della speculazione sui titoli sovrani da parte delle banche europee) – stanno ricreando esattamente gli stessi pericolosi strumenti di speculazione. La crisi di cinque anni fa è già nel dimenticatoio. Nel solo ultimo trimestre, le banche hanno emesso 33,5 miliardi di dollari in obbligazioni sostenute da un portafoglio di mutui ipotecari su immobili commerciali, e quella che pure aveva già mostrato essere una speculazione disastrosa è tornata in auge, proprio come i CDO [Collateralised Debt Obligation (Titolo a reddito fisso tutelato da un portafoglio di obbligazioni, prestiti e altri strumenti)].
Il motivo è semplice. A meno che le banche non vengano riportate all’era pre-Clinton, quando le banche commerciali o di deposito erano rigidamente separate dalle banche di investimento, tutto il denaro conferito alle banche andrà prima alla speculazione, che ha un rendimento superiore (e se qualcosa va storto lo stato correrà di nuovo al salvataggio), e in seconda battuta ai depositi e prestiti, che offrono un rendimento molto minore.
Sconsiderati broker
E adesso, i broker specializzati in quei derivati vengono ri-assunti dalle banche. Intanto, due esperti forensi di una università svizzera hanno ideato una simulazione al computer e dei test di intelligenza per misurare l’egoismo di 28 operatori finanziari professionali e per verificare la loro disponibilità a collaborare con gli altri. Si è così scoperto che gli operatori finanziari erano non solo più spericolati, ma anche più manipolatori degli psicopatici.
Thomas Noll, psichiatra e amministratore di un carcere, ha dichiarato al settimanale tedesco Der Spiegel che i broker “più egoisti” “erano più disposti a prendere rischi rispetto a un gruppo di psicopatici che avevano affrontato lo stesso test”. Quello che ha sorpreso i ricercatori è stato l’atteggiamento competitivo degli operatori finanziari, atteggiamento che presentava una punta di distruttività. Invece di essere pragmatici e mirare a raggiungere il massimo profitto, ha spiegato Noll, “era più importante, per i broker, ottenere di più rispetto ai loro avversari, arrivando a spendere un sacco di energie cercando di danneggiare gli avversari.”
Quante altre crisi dobbiamo sopportare prima che una regolamentazione elimini i rischi dalle banche, confinandoli nel mondo della speculazione? O, in altre parole, isoli i cittadini normali dai broker che non sono programmati come noi?
Traduzione dall’inglese di Giuseppina Vecchia