foto da: www.salaam-milano.org

Senza entrare nel merito della validità delle tesi di Joseph Massad sul rapporto storico e dialettico fra sionismo e antisemitismo, perché Massad cerca di giustificare il movimento di liberazione della Palestina asserendo che si tratta di una battaglia contro l’antisemitismo? Naturalmente, Massad non è affatto l’unico palestinese a mettere la questione ebrea e l’antisemitismo al centro della lotta palestinese. Ali Abunimah ha condotto una vera e propria campagna per convincere la comunità ebraica che il movimento di liberazione palestinese è esente da antisemitismo. Inoltre, diverse grandi organizzazioni di solidarietà e coalizioni palestinesi pongono l’anti-antisemitismo come uno dei loro principali principi.

Da quando i diritti dei palestinesi e la loro liberazione riguardano questioni ebraiche e antisemitismo? Perché i palestinesi permettono che ebrei e questioni ebraiche – compresi sionismo e antisemitismo – impostino l’agenda palestinese?

Il termine “semita” nasce dal presupposto che tutte le lingue del mondo derivino dalla migrazione dei figli di Noè – Sem, Cam e Jafet – in diverse parti del globo dopo il diluvio, e la conseguente creazione di gruppi linguistici diversi: semitico, camitico e iafetico. I figli di Noè? Davvero vogliamo avallare tale assurdità?

E, quel che è peggio, questa assurdità non è stata limitata alle lingue, ma è stata estesa alle “razze„ fittizie. “Antisemita” è pertanto descrittivo dell’ostilità della razza camitica e di quella iafetica verso i discendenti del terzo fratello, Sem. Nessuno parla veramente di razza camitica o di quella iafetica. Non sarebbe ora di riconoscere anche quanto sia assurdo parlare di “razza” semitica?

Ancora più assurdo è il tentativo di utilizzare tali concetti mitologici per misurare il valore della causa palestinese. La causa palestinese non ha nulla a che vedere con ebrei, semiti, antisemitismo, Dio, Abramo, Gesù, Maometto, Mosè, Noè, Giacobbe, Ismaele, Sem, Cam e Jafet, che si creda in loro o meno. Non ha nulla a che fare con l’Olocausto, con il colonialismo, con romani, bizantini, arabi, crociati, turchi o britannici.

Ha a che fare con l’espulsione dei palestinesi dalla propria terra e con la negazione dei loro diritti di sovranità e autodeterminazione, e soprattutto con il loro diritto di tornare. Non importa chi li espulse. È la loro terra e hanno il diritto di ritornarci. Non importa chi nega la loro esistenza. Hanno il diritto di tornare.

Non importa neppure che si tratti di persone simpatiche o spregevoli, che siano razzisti o umanisti, che siano musulmani, cristiani, ebrei, buddisti o scintoisti, se sono puliti o sporchi, istruiti o ignoranti, ricchi o poveri, democratici o monarchici.  Essi hanno il diritto di tornare alle proprie case e riprendersi il proprio paese.

I loro diritti non possono essere ostaggio dei diritti di altri. Se la giustizia per i palestinesi non può essere guadagnata a prezzo di ingiustizia per altri, neanche la giustizia per gli altri può essere guadagnata a prezzo di ingiustizia per i palestinesi. La Giustizia sarà anche inscindibile, ma non c’è bisogno di aspettare che la giustizia sia garantita ovunque perché possa essere garantita in Palestina.

I palestinesi non possono aspettare che i livelli di CO2 scendano sotto le 350 ppm, né che la popolazione di balenottere azzurre riprenda ad aumentare, né che in Myanmar termini la persecuzione dei Rohingya, e nemmeno la fine della pulizia etnica in Congo, né che le vittime europee della seconda guerra mondiale e i loro discendenti siano risarciti, o che i popoli indigeni ovunque nel mondo riconquistino diritti e patrimonio.

La Giustizia può essere inscindibile, ma il ripristino della giustizia, dovunque avvenga, alza il livello di giustizia nel resto del mondo. Il ripristino della giustizia in Palestina è un bene per tutto il mondo e porta la speranza di essere restituita ad altri luoghi e altri popoli a quella giustizia che nel resto del mondo sta ancora lottando.

L’antisemitismo non ha a che vedere con la liberazione della Palestina, così come non è rilevante l’anti-camitismo o l’anti-iafetismo o qualsiasi altro tentativo di valutare il merito della causa palestinese in base alla sua approvazione o al suo rifiuto dei valori di altri. Per favore, rimuovete tali idee non pertinenti dal dibattito sui diritti dei palestinesi.

L’articolo originale è stato pubblicato sul sito di Dissident Voice qui.

Traduzione dall’inglese di Giuseppina Vecchia