A Bologna ha vinto il sì all’abrogazione del finanziamento comunale delle scuole materne private. Il 59% dei votanti al referendum comunale ha infatti dato ragione ai referendari, che ritenevano che il milione di euro girato annualmente dal bilancio comunale alle materne private dovesse invece andare alle materne pubbliche.
Certo, l’affluenza alle urne non è stata oceanica e si è fermata al 29% (85.934 elettori) degli aventi diritto. E per giunta, il referendum non aveva carattere vincolante, ma soltanto consultivo. Ma da qui a parlare di “flop”, come fa oggi il quotidiano La Repubblica, oppure a cambiare le carte in tavola e sostenere che gli astenuti equivarrebbero in realtà a dei “no”, come fanno i sostenitori del no, francamente ce ne passa.
Infatti, lo schieramento che si era opposto all’iniziativa referendaria del Comitato art. 33 non aveva invitato all’astensione, anzi, aveva invitato ad andare alle urne e a votare “no”. E, soprattutto, si trattava di uno schieramento addirittura più largo di quello che sostiene il governo delle larghe intese, poiché comprendeva Pd, Pdl, Scelta Civica, Lega e lo stesso Sindaco Merola, e che coinvolgeva anche soggetti di forte peso nazionale, come il Ministro ciellino Maurzio Lupi o il cardinale Bagnasco, presidente della Cei. Infine, si dovrebbe aggiungere l’osservazoine, come fa oggi Wu Ming, che i 50mila sì “sono esattamente la metà dei voti che Virginio Merola ha preso nel 2010, quando è stato eletto sindaco”.
Non c’è dubbio, dunque, che da Bologna arriva una notizia positiva, che non parla soltanto a Bologna, anzi (e questo i Lupi e i Bagnasco lo avevano senz’altro intuito). Golia non è riuscito a schiacciare Davide e il risultato del referendum bolognese segna indubbiamente un fatto nuovo: cioè, è forse la prima volta da quando la legge n. 62/2000, varata dal Governo D’Alema (…), aveva integrato le scuole private nel sistema nazionale d’istruzione, definendole “paritarie”, e quindi aperto le porte a massicci flussi di denaro pubblico verso gli istituti privati, che una consultazione formale di cittadini mette in discussione il finanziamento pubblico alla scuola privata.
Per questo il messaggio che ci arriva da Bologna è così importante. Ci dice che forse è possibile, oltreché giusto e opportuno, mettere in discussione lo scandalo del finanziamento pubblico della scuola privata, mentre si fa a pezzi la scuola pubblica a suon di tagli.
E questo messaggio dovrebbe essere particolarmente importante qui in Lombardia, dove il sistema di drenaggio di soldi pubblici verso interessi privati, introdotto da Formigoni e ora proseguito da Maroni, ha assunto caratteristiche particolarmente odiose e discriminatorie. Certo, l’entità dello scandalo in Regione Lombardia è oggi un po’ mitigata, causa tagli dei trasferimenti dallo Stato alla Regione, e la spesa regionale annuale per finanziare gli amici della scuola privata si attesta oggi a “soli” 30 milioni di euro (nel a.s. 2010/2011 erano ancora 50 mln), ma l’ignobile modalità di assegnazione di questi fondi è rimasta assolutamente invariata (per conoscere in dettaglio il sistema rinviamo al nostro Rapporto Buono Scuola 2009).
E, dulcis in fundo, va sempre ricordato che uno degli impegni presi da Roberto Maroni in campagna elettorale era quello di proseguire con il sistema formigoniano di finanziamento delle private e di ri-aumentare le quantità erogate. Peraltro, l’unico assessore della precedente giunta Formigoni rimasto al suo posto (Assessorato all’Istruzione, Formazione e Lavoro) è proprio la pasdaran della privatizzazione della scuola pubblica, Valentina Aprea.
Lo so e lo sappiamo, non è facile aprire questa battaglia dalle nostre parti, ma Bologna ci insegna che è possibile. Magari ragioniamoci, senza illusione e velleità, ma sul serio. Intanto, vi segnalo che da qualche mese in Lombardia esiste una petizione per l’abrogazione del buono scuola promossa dall’Associazione NonUnodiMeno. Usiamola.