“Un sommerso nel sommerso” si potrebbe descrivere il fenomeno dello sfruttamento e della tratta di esseri umani dal momento che in simile condizione si consumano altri crimini per mezzo della coercizione morale della vittima.
Reati a sfondo sessuale, sfruttamento sul lavoro e accattonaggio, lavoro forzato e riduzione in schiavitù, sparizioni e traffico di organi, di minori, donne e lavoratori. Questi sono solo alcuni dei reati che si celano dietro il grave crimine internazionale di tratta degli esseri umani finalizzato allo sfruttamento e condotto nell’ambito di organizzazioni transnazionali di cui lo Yemen è destinazione finale oppure tappa intermediaria della vittima.
Donne molto giovani, rapite o sottratte alla famiglia per mezzo di forme di corruzione o soggiogamento sono costrette a prostituirsi negli alberghi nelle principali città: ‘Aden, Sana’à’ e Ta’iz, diventano oggetto di turismo sessuale ed è identica la loro sorte, se trasferite oltre confine, spesso in Arabia Saudita.
I bambini sono fatti schiavi oppure sono le vittime di traffico di organi, quando non sono venduti o non finiscono per strada a fare accattonaggio. Anche questo può avvenire nello Yemen oppure in uno dei Paesi del Golfo.
Altre volte i più piccoli si ritrovano a fare i soldati e, nonostante la legge yemenita proibisca il reclutamento di minori di 18 anni nell’esercito, attivisti locali contro la tratta ne denunciano la presenza nella battaglia di Sa’ada (Yemen nord), ad opera dello stesso governo.
L’altro contesto di vulnerabilità è il mercato del lavoro, altro “bacino di reclutamento” delle vittime di sfruttamento e di tratta. Il settore privato, attrazione salariale e quindi di innalzamento sociale conduce spesso a situazione sommerse con lavoro forzato e riduzione in schiavitù.
Ad oggi nello Yemen sono state individuate, e sono state sottoposte a protezione governativa, circa 500 vittime di tratta, in maggioranza donne e minori, mentre sarebbero 150 i colpevoli attualmente in custodia, tra cui pure cittadini siriani, giordani ed egiziani.
Le storie che nello Yemen ci conducono alla tratta di esseri umani non sono più singoli episodi, e soprattutto, non possono giustificarsi in via esclusiva con l’estrema indigenza e insicurezza sociale, che pure di questo crimine è costitutivo come elemento della vulnerabilità della vittima. Sono anni che la società civile yemenita dimostra il proprio grado di emancipazione socio-nazionale in sfida a un potere costituito, quello di Salah (la cui famiglia detiene ancora autorità), ritenuto corrotto e non rappresentativo.
Ma non è nemmeno un caso se l’esponente della lotta alla tratta di esseri umani più celebre nel mondo arabo sia proprio yemenita: ‘Ali Nassar al-Ja’ali, a capo della Fondazione Nazionale contro la tratta di esseri umani.
Al-Ja’ali oggi in lavora in coordinamento con le autorità governative nella lotta allo sfruttamento di esseri umani. Dopo anni di attivismo informale, oggi viene corteggiato dalle autorità politiche, ma per questo avvicinamento lui non risparmia critiche, né nasconde i sospetti di coinvolgimento nella tratta da parte di esponenti politici.
Al-Ja’ali lamenta l’assenza di una legge forte che colpisce i responsabili, difficilmente rintracciabili dal momento che il reato si consuma tra più Stati, e lo Yemen è l’unico Paese del Golfo a non far parte del prestigioso Gulf Cooperation Council, organo che prevede pure una sorta di intesa in materia di sicurezza.
Ma soprattutto i principali sospetti ricadono proprio sui cittadini delle vicine petrolmonarchie, Arabia Saudita in testa, ritenuti essere i principali profittatori della tratta; dal turismo sessuale alla riduzione in schiavitù e allo sfruttamento sul lavoro.
Nello Yemen la competenza sui Diritti Umani è della ministra Hurriyya Mashhur, la quale vorrebbe coinvolgere la società civile nella fase preparatoria della di bozza di legge punitiva sulla tratta che sta svolgendo il Comitato nazionale creato ad hoc. L’iter prevede poi l’esame del Consiglio dei ministri e l’approvazione, o la bocciatura, in Parlamento.
Lo Yemen è un Paese direttamente coinvolto nella tratta perché vittime sono i suoi cittadini, ma è pure strategicamente utile ai responsabili di questo reato che parte dall’Africa.
Nello Yemen giunge una rilevante parte di migrazione dal Corno D’Africa e, libera o coatta che sia, puntualmente contribuisce ad aggravare il dato su sfruttamento e tratta degli esseri umani.
Somali, etiopi ed eritrei sono “forzati” a svolgere lavori domestici o costretti a prostituirsi, minori e donne spariscono o vengono travolti dalla violenza di questo commercio umano che si consuma nello Yemen oppure oltre confine, in uno degli Paesi del Golfo.
Continua…