Per tutta la mattina l’ingresso dell’università pubblica di Dakar, Cheikh Anta Diop, è stato il teatro di scontri e cariche tra gruppi organizzati di studenti e reparti scelti della gendarmeria.
Pochi giorni fa si era appena spenta la lunga rivendicazione sindacale degli insegnanti senegalesi, sul piede di guerra con oltre 5 mesi di sciopero ad oltranza nello scorso anno e diverse agitazioni messe in atto negli ultimi mesi per indurre il governo di Macky Sall a tenere fede all’aumento dei salari promesso nella sua campagna elettorali, che si è aperto un altro fronte di protesta.
Ad innescare la rivolta degli studenti è stato l’ennesimo mancato pagamento della maggioranza delle borse di studio con cui tanti universitari sopravvivono tra mille difficoltà contribuendo anche ai magrissimi bilanci famigliari.
Gli scontri non sono durati a lungo e si sono conclusi senza arresti, feriti o morti. Tutto lascia però presagire che la protesta continuerà. Samba e Djbril, due attivisti del movimento di protesta mi promettono che “fino a quando non verranno versate tutte le borse di studio continueremo a batterci. E’ una vera e propria discriminazione nei confronti di chi ha meno possibilità. E’ intollerabile e noi non intendiamo più accettarla”
La parola “discriminazione”, però, non può che evocare in questi giorni il furioso dibattito nazionale attorno alla proposta del governo di Macky Sall di depenalizzare il reato di omosessualità, in vigore in Senegal da sempre.
Inutile dire che tutte le confrerie religiose, la maggioranza dei politici, gli opinionisti e i giornalisti stanno facendo la gara a chi urla più forte il proprio sdegno e ripudio di un simile disegno di legge.
L’omosessualità in Senegal è pubblicamente considerata come un atto abominevole contro natura.
Gli omosessuali colti in flagrante vengono imprigionati con pene detentive di minimo 5 anni nelle carceri locali, già tristemente famose per sovrappopolazione, torture, violenze e carenze medico assistenziali.
Il più scatenato nella campagna contro la depenalizzazione è l’Imam Massamba Diop, capo della ong Jamra, diventato il paladino della lotta all’omosessualità nel 2008, durante la 15 conferenza mondiale sull’Aids e le infezioni sessualmente a trasmissibili (Icasa) tenutasi a Dakar.
All’epoca aveva denunciato la partecipazione all’Icasa “di lobbies omosessuali e lesbiche attive per fare proselitismo malsano nel tentativo di promuovere pratiche contro natura, alle quali nemmeno gli animali, i più ripugnanti, oserebbero praticare.” Sempre Massamba Diop aveva paragonato gli omosessuali a zoofili e necrofili impenitenti dichiarando che il continuo aumento dei malati di Aids in Africa era da attribuire senza dubbio alcuno all’aumento di omosessuali e lesbiche.
Oggi Massamba Diop insiste sull’equazione omosessuali uguali a pedofili e promuove la nascita di un comitato di salvezza nazionale per rigettare qualunque tentativo di depenalizzare il reato.
Incuriosito, chiedo a Samba e Djbril, i militanti della lotta antidiscriminatoria per gli studenti universitari, quali opinioni hanno attorno alla discriminazione costituzionale nei confronti degli omosessuali.
Si irrigidiscono subito e mi ripetono una versione un po’ più edulcorata dei proclami di Massamba Diop.
Del resto, oggi è abbastanza difficile trovare un senegalese in grado di dare un altro tipo di risposta. I pochi omosessuali dichiarati hanno pagato e continuano a pagare un prezzo altissimo per il loro “status di abomini contro natura”. Ripudiati da tutta la famiglia, isolati e cacciati dai posti di lavoro, maltrattati e additati come mostri, chi può scappa dal Senegal. Alcuni cercano rifugio in zone considerate “franche”, quelle più turistiche , come Saly o Cap Skring, dove i soldi dei turisti bianchi hanno costretto le autorità locali a chiudere un occhio, innescando però una zona grigia dove l’omosessualità sconfina nella prostituzione e viceversa, retro alimentando tutti i peggiori pregiudizi.
Il governo rischia di spaccarsi attorno alla proposta di depenalizzazione. Il presidente Macky Sall non si è ancora espresso, temendo enormi ritorsioni dalle confrerie religiose, già insoddisfatte dalla mancata concessione dello stesso margine, influenza e potere di manovra nella vita della Repubblica sempre accordata da tutti i suoi predecessori.