Guido Barbera, presidente di Solidarietà e Cooperazione CIPSI – coordinamento di 40 associazioni di solidarietà internazionale – ha scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica Napolitano la sera del 20 aprile, subito dopo la sua rielezione, chiedendo di non celebrare con parate militari costose la festa della Repubblica del 2 giugno. Considerando l’alto numero di adesioni, rilanciamo questa iniziativa chiedendo a tutti un’azione di mailbombing, inviando per conoscenza anche al presidente della Camera Boldrini e del Senato Grasso. Invitiamo tutti coloro che sono d’accordo, cittadini, associazioni, uomini e donne, a inviare questo testo ai seguenti indirizzi mail: presidenza.repubblica@quirinale.it , pietro.grasso@senato.it , laura.boldrini@camera.it e direttamente dal sito http://presidente.camera.it/21
Ill.mo Presidente della Repubblica
ON. GIORGIO NAPOLITANO c/o Quirinale
c.c. Ill.mo Presidente del Senato
c.c. Ill.mo Presidente della Camera
Alle/ai Cittadine/i Italiane/i
Ill.mo Sig. Presidente Giorgio Napolitano,
nessun paese è grande per le sue forze armate ed il suo esercito, quanto piuttosto per la sua capacità di garantire convivenza e benessere ai suoi cittadini. Le chiediamo di dare subito a tutti noi un segno di ‘Speranza e di cambiamento’. Il 2 giugno, festa di una Repubblica che è nata dalla lotta popolare per la libertà, smettiamola con le parate militari. Iniziamo con il 2 giugno a guardare in modo diverso alla nostra Italia, che non è quella rappresentata nelle sfilate armate ai Fori imperiali. Al di là di tutto, si tratterebbe solo di un po’ di buon gusto. Risparmiare qualche milione, oggi molto utile, per dare al nostro Paese un volto più umano. L’Italia “ripudia la guerra”. Difendiamo questo articolo della nostra costituzione. Eliminiamo il costoso programma per gli F35 che da solo vale intere manovre finanziarie che hanno svuotato le tasche degli italiani. La convivenza ed il benessere non si ottengono con le armi.
Se vogliamo veramente festeggiare la “Repubblica” e non le Forze Armate, il 2 giugno diamo spazio alla nostra Repubblica e ai suoi cittadini. All’Italia che resiste. Che cerca faticosamente di tener duro e di non mollare la speranza, anche in questa crisi tanto difficile. All’Italia che continua a fare solidarietà, pur essendo sempre più povera. All’Italia che compensa con il volontariato a tante carenze di uno Stato sempre meno presente. Stiamo soffrendo le convulsioni di una crisi senza precedenti, con una disoccupazione crescente che colpisce soprattutto i giovani e le donne, togliendo loro la speranza nel futuro. Aumentano le file alle mense dei poveri, anche di intere famiglie. Aumentano i numeri della cassa integrazione, oramai svuotata, che spesso diventa la via per arrivare alla mobilità e, quindi, al licenziamento. Assistiamo quasi quotidianamente ad una inquietante catena di suicidi da parte di piccoli imprenditori che non riescono più ad andare avanti. Il potere d’acquisto dei salari continua a diminuire. Non si può pensare di festeggiare la nostra Repubblica ignorando queste situazioni. Non si può pensare di ridurre la festa della Repubblica ad una parata militare inutile e costosa. Viviamo oggi in una cultura delle disuguaglianze diffusa in tutto il mondo, con politiche dei privilegi e discriminazioni a sfavore delle popolazioni disagiate. Ci sono vere e proprie “fabbriche” dell’impoverimento. Il lavoro è stato precarizzato, così come anche la stessa esistenza. In molti paesi, compresa l’Italia, la crisi ha prodotto lo smantellamento del Welfare soprattutto per alcuni settori essenziali alla vita come la salute, il lavoro, l’istruzione, le pensioni,… I “beni comuni” sono via via mercificati e privatizzati. L’economia non produce più per il benessere comune, ma è gestita dal potere finanziario di pochi. Tutta la vita ed i diritti fondamentali di ogni essere umano sono monetarizzati e mercificati. La politica, che dovrebbe organizzare le attività del mondo per la convivenza ed il benessere di tutte le persone, si è ridotta a centro di potere ad esclusiva tutela di interessi privati. Le leggi e norme amministrative, le istituzioni, le pratiche sociali e collettive sono oggi gli strumenti di una nuova schiavitù sociale.
Signor Presidente, aspettiamo da Lei segni concreti di una speranza politica nuova. Grazie!