“L’unica riforma possibile è la chiusura dei Cie”. A dirlo è il presidente della Camera penale di Milano, Salvatore Scuto, all’uscita del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) in via Corelli a Milano. Secondo gli avvocati aderenti alle Camere penali dunque, non ci sono possibilità di riforma, ma l’unica via è la chiusura dei centri. Secondo i dati della Croce rossa, nel 2012 in via Corelli ci sono stati 871 nuovi ingressi, (734 maschi e 137 trans). Le uscite, in totale, 843.
Il 3 aprile 2013 una delegazione dell’Unione delle Camere penali italiane e della Camera penale di Milano ha visitato il Cie per verificare le condizioni degli ospiti e della struttura. Ad entrare nel Centro di identificazione ed espulsione, oltre a Scuto, sono stati Vinicio Nardi e Manuela Deorsola (giunta dell’Ucpi); Antonella Calcaterra, Mimmo Passione e il consigliere comunale Mirko Mazzali (componenti Osservatorio carceri Ucpi); Giovanni Bellingardi, Giampaolo Del Sasso e Francesco Sbisa (membri del direttivo degli avvocati aderenti alle Camere penali).
“Questo – ha commentato Scuto – non è un carcere, è peggio. È un non carcere, una struttura ideologica e inutile che serve solo a tranquillizzare la pancia di questo paese”. All’interno del Cie “la situazione non è delle migliori” e “chi è dentro non capisce perché si trova qui e non sa quando uscirà”. C’è un extracomunitario, ad esempio, “che si trova nel centro da oltre un anno”. Inoltre “si tratta di persone che non hanno fatto nulla e si trovano qui solo perché non sono identificabili”. Secondo gli avvocati il Cie “è un cucchiaino d’oro (perché costa molto) con cui si cerca di svuotare il mare dell’immigrazione”.