In queste ore tra lo scenario paradossale per l’elezione del Presidente della Repubblica, le spaccature della pseudo sinistra, gli accordi sotto banco che si prospettano per il nuovo governo … Che cosa c’è da dire su un sistema perverso e decadente? Che cosa c’è da dire su un sistema basato sulla democrazia totalmente formale?
Le uniche parole che vale la pena di far arrivare sono quelle scritte da Silo nel 1991 in “Lettere ai miei amici” e che danno orientamento e ispirazione all’azione di milioni di persone che si riconoscono nell’umanesimo universalista e ogni giorno scelgono tra riformismo e rivoluzione, tra violenza e nonviolenza, tra facili catarsi di piazza e la costruzione di una società pienamente umana.
Si seguito gli estratti in questione, tratti dal libro “Lettere ai miei amici” di Silo. (edizione italiana Multimage 1994)
“[…] Di quale rivoluzione parliamo?
Se al giorno d’oggi il capitale si va gradualmente trasferendo alla banca, se la banca si va impossessando delle imprese, dei paesi, delle regioni e del mondo, la rivoluzione implica l’appropriarsi della banca per far sì che questa compia la funzione di prestare un servizio senza percepire in cambio interessi che, di per sé, significano usura.
Se le aziende sono organizzate in modo tale che il capitale percepisce i guadagni ed il lavoratore il salario, e se nelle aziende la gestione e le decisioni sono in mano al capitale, la rivoluzione implica che il guadagno venga reinvestito, diversificato od utilizzato per la formazione di nuove fonti di lavoro e che la gestione e le decisioni siano condivise da lavoro e capitale.
Se le regioni o le provincie di un paese sono subordinate alle decisioni del centro, la rivoluzione implica la destrutturazione del potere centrale per far sì che le entità regionali formino una repubblica federativa e che, parimenti, il potere di queste regioni venga decentralizzato a favore della base comunale, dalla quale deriverà tutta la rappresentatività elettorale.
Se l’accesso alla sanità ed all’istruzione non avviene su basi paritarie per tutti gli abitanti di un paese, la rivoluzione implica che istruzione e sanità siano gratuite per tutti.
Parliamo di una rivoluzione sociale che cambi drasticamente le condizioni di vita del popolo, di una rivoluzione politica che modifichi la struttura del potere e, in definitiva, di una rivoluzione umana che crei i propri paradigmi in sostituzione dei decadenti valori attuali. La rivoluzione sociale a cui mira l’Umanesimo passa attraverso la presa del potere politico per realizzare le trasformazioni necessarie ma la presa di tale potere non è un obiettivo in sé.
Le rivoluzioni che oggi agonizzano o quelle nuove che sono in gestazione non andranno oltre l’atto di testimonianza contro un ordine immobile, non andranno oltre il tumulto organizzato, se non avanzeranno nella direzione proposta dall’Umanesimo, cioè verso un sistema di rapporti sociali il cui valore centrale sia l’essere umano e non un qualsiasi altro valore.
Ma porre l’essere umano come valore centrale implica un’idea completamente diversa di ciò che oggi si intende, appunto, per “essere umano”. Gli schemi attuali di comprensione sono ancora molto lontani dall’idea e dalla sensibilità necessarie per cogliere la realtà dell’umano.
La marea rivoluzionaria che sta montando e che è l’espressione della disperazione delle maggioranze oppresse non potrà essere fermata. Ma anche questo non sarà sufficiente, perché un tale processo non prenderà la direzione giusta grazie alla sola meccanica della “pratica sociale”.
Passare dal campo della necessità a quello della libertà per mezzo della rivoluzione è l’imperativo di quest’epoca nella quale l’essere umano è rimasto immobilizzato. Le rivoluzioni future, se andranno oltre la rivolta militare, il colpo di Stato, le rivendicazioni di classe, di etnia o di religione, dovranno assumere il carattere di una trasformazione che tende ad includere e che si basa sull’essenzialità umana. Da ciò si deduce che al di là dei cambiamenti che esse produrranno nelle situazioni concrete dei diversi paesi, il loro carattere dovrà essere universalista e il loro obiettivo mondializzante. Di conseguenza, quando parliamo di “rivoluzione mondiale”, intendiamo dire che qualsiasi rivoluzione umanista, o che si trasformi in umanista, anche se si realizzerà in un ambito limitato, avrà un carattere ed un obiettivo che la porteranno oltre se stessa. E una tale rivoluzione, per insignificante che sia il luogo nel quale si verificherà, coinvolgerà l’essenza di ogni essere umano. La rivoluzione mondiale non può essere prospettata in termini di mero successo ma nella sua reale dimensione umanizzatrice. Inoltre il nuovo tipo di rivoluzionario che corrisponde a questo nuovo tipo di rivoluzione diviene, per essenza e per attività, un umanizzatore del mondo. […]”