17 e 18 marzo 2013 (in occasione del 152° anniversario dell’Unità d’Italia), h. 20,45
Teatro della Cooperativa, via Hermada, 8, Milano (in prossimità dell’Ospedale Niguarda)
Di Egidia Bruno e Marie Belotti
Con Egidia Bruno
Canti a cura di Francesca Breschi
Luci di Carlo Villa
Spettacolo vincitore del Premio Internazionale “TEATRO DELL’INCLUSIONE Teresa Pomodoro”
E’ a partire dall’Unità d’Italia che la forbice tra Nord e Sud cominciò ad allargarsi. Nacque la “questione meridionale”. Ma i problemi del Sud altro non sono che, in forma accentuata, i problemi dell’Italia tutta. Non comprendere questo significa non aver compreso la lezione della storia.
Le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia si sono appena concluse, ma la questione meridionale è ancora drammaticamente aperta. Dai dati del 2010 dell’Unione delle Camere di Commercio risulta ancora oggi che il Meridione ha il 31% di infrastrutture in meno del Settentrione, ma sono in pochi a sapere che è a partire dall’Unità d’Italia che la forbice tra Nord e Sud cominciò ad allargarsi.
“Noi non sapevamo” delle tante “ferite” inferte al Meridione in nome dell’Unità, delle stragi di civili, dei paesi rasi al suolo, delle industrie smantellate, di tutto l’oro prelevato e trasferito nel Nord Italia. “Noi non sapevamo” che il brigantaggio fu una vera e propria guerra di resistenza all’esercito “italiano” e non, come i libri di storia per troppo tempo hanno insegnato, un fenomeno di avanzi di galera al soldo dei Borbone per permettere loro di tornare sul trono.
Dietro le tante retoriche dell’arretratezza del Regno Borbonico, “noi non sapevamo” che, sotto quello stesso regno, accanto alle “lande desolate”, esisteva anche un Sud “produttivo”: in Calabria sorgeva uno dei più grandi impianti siderurgici d’Italia; la flotta navale borbonica era seconda solo a quella inglese; da Gallipoli, in Puglia, partivano, verso il mondo intero, navi cariche di olio d’oliva, richiestissimo per uso industriale; Napoli era una delle città più all’avanguardia d’Europa…
“Noi non sapevamo” inoltre che la grande emigrazione dal Sud Italia iniziò a seguito dell’Unità e non prima. Tuttavia, alla luce di questa “storia” che “noi non sapevamo”, l’intento non è quello di alimentare revisionismi, né sentimenti di rivalsa, fin troppo presenti nel nostro tessuto politico-sociale. Anche perché se la questione nacque “meridionale” fu anche a causa di chi questo Meridione lo rappresentò: la classe dirigente, locale e in Parlamento. Quelli che prima erano “borbonici” e adesso erano “savoiardi”. Dai “gattopardi” agli “sciacalli”. L’inciucio tra i poteri del Nord e i baroni del Sud si rafforzò sempre di più. I governi si arricchirono di onorevoli meridionali a patto che questi garantissero per il Mezzogiorno l’immobilismo sociale, fondato sul clientelismo.
Tutto questo, purtroppo, si rivelò terreno fertile perché attecchissero le mafie. A un secolo e mezzo dall’Unificazione è evidente che i problemi del Sud altro non sono che, in forma accentuata, i problemi dell’Italia tutta. Ed è solo prendendosi cura di tutte le sue parti, in una prospettiva “unitaria”, che un paese può costruire il suo sviluppo e credere nel suo futuro. Non comprendere questo significa non aver compreso la lezione della Storia.
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