L’Italia non ha altre alternative per evitare il disastro.
Il Partito Umanista, fin dalle Elezioni Europee del 1999 denunciava in Europa:
– un peggioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti in nome della politica monetaria e finanziaria;
– la perdita di democrazia e sovranità degli Stati nazionali;
– un aumento del malessere nel tessuto sociale, nelle fasce escluse per la diminuzione di diritti e garanzie, a causa delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, della “flessibilità” del lavoro e della competizione globale.
Abbiamo sempre denunciato un’Unione Europea plasmata in fretta e furia sui cardini del trattato di Maastricht e dell’Euro e finanziata attraverso la privatizzazione della sanità, dell’istruzione e dei servizi pubblici essenziali (luce, gas, acqua, telefono, etc.); attraverso il furto e la privatizzazione delle pensioni e dell’assistenza sociale, attraverso l’aumento della disoccupazione.
Il Partito Umanista, in tutti i paesi europei in cui è presente, ha sempre aspirato invece a un’Europa basata su una democrazia reale che garantisse il massimo ampliamento della libertà per tutti i suoi abitanti; un’Europa in grado di ridistribuire le sue enormi risorse per assicurare a tutti condizioni di vita degne; la piena e universale attuazione dei diritti umani all’interno del suo spazio, e politiche volte al rispetto e alla tutela dei diritti umani nelle altre regioni
Oggi, a quattordici anni di distanza dalle nostre denunce sulla mostruosa Unione Europea che stava costituendosi, vediamo le conseguenze disastrose di tutti i trattati e degli accordi imposti alla popolazione europea: i vari Fiscal Compact, pareggi di bilancio, meccanismi e fondi “Salva Stati” e il concretizzarsi di uno scenario devastante che ha sbriciolato l’economia, la società, le persone e le coscienze. Un processo che per ora ha colpito in particolar modo in Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda ed Italia ma che in quest’anno si conclamerà anche negli altri Stati dell’Unione, soprattutto in quelli dell’Euro-Zona.
Si tratta di un processo lanciato a discapito degli interessi dei popoli europei e che ha aperto il fianco agli “attacchi speculativi” della finanza internazionale, che non vedeva l’ora di poter colpire una delle aree del pianeta in cui un processo precedente, iniziato nel dopoguerra, aspirava alla costruzione di un’area in cui fossero garantiti i diritti fondamentali per tutti.
La finanza internazionale ha attaccato in particolare l’Italia perché è una delle principali economie sia europee che internazionali ed è particolarmente attraente per la sua economia reale, per il suo livello di benessere, per la sua tradizione culturale e per i diritti acquisiti dei lavoratori.
Siamo in situazione paragonabile ad uno Stato di Guerra. Parlando di “attacco” non stiamo usando una metafora: ci troviamo di fronte a un nuovo tipo di guerra in cui le armi sono la manipolazione degli interessi sul debito pubblico (spread), i rating, i colpi di mano su trattati internazionali decisi a tavolino da vertici non controllati e non controllabili dal popolo.
La nostra economia reale è oggi in grave pericolo e bisogna pretendere dei piani di emergenza di tipo post-bellico. Occorre urgentemente una ricostruzione dello stato sociale (che garantisca sanità pubblica ed educazione pubblica al massimo livello possibile), dell’economia reale, dell’industria, del diritto al lavoro, dell’ambiente e del diritto alla casa.
Nei dopo-guerra si è sempre potuto rimodulare gli accordi e fare nuovi negoziati: se ciò che impedisce di agire in questa direzione risultano essere “gli accordi presi con l’Europa”, allora è arrivato il momento di rimettere tutto in discussione, nell’interesse non solo dell’Italia, ma di tutti i popoli del continente.
È necessario che l’Italia si muova con decisione in questo momento drammatico: bisogna stracciare gli attuali trattati europei (da quello firmato a Maastricht nel 1992 in poi) realizzando un referendum per abolirli e pretendere la formulazione di nuovi trattati europei che abbiano questi 12 punti essenziali e non rinunciabili:
1. I Paesi Europei si devono unire in una Federazione basata sul principio di solidarietà;
2. Il Parlamento Europeo legittimamente eletto deve controllare il potere esecutivo (quello oggi svolto dalla Commissione Europea che non è sottoposta a nessun controllo diretto da parte del parlamento);
3. Il Parlamento Europeo deve controllare direttamente la BCE;
4. La BCE deve essere prestatore di ultima istanza e quindi garante del debito dei vari paesi europei;
5. L’Euro deve essere utilizzato come moneta pienamente sovrana garantendo l’economia di tutta la federazione;
6. Netta separazione tra banche commerciali e banche d’investimento e politiche di forte contrasto alla speculazione finanziaria;
7. Possibilità per i paesi europei di spendere a deficit eliminando immediatamente il fiscal compact; adozione di politiche anti-cicliche;
8. Adozione, fino alla piena occupazione in tutti i paesi europei, di politiche neokeynesiane con la possibilità di spendere a deficit (e non spendere per ripagare i debiti delle banche);
9. Riforma del sistema previdenziale sanitario ed educativo garantito direttamente dalla Bce, per tutti e tarato su livelli di eccellenza;
10. Garanzia del diritto alla casa;
11. Adozione di sistemi di responsabilità politica e democrazia diretta;
12. Forte decentramento del modello istituzionale con particolare enfasi sul livello comunale.
Tutti questi punti sono una condizione essenziale per “rimanere” in questa Europa. Diversamente l’Italia, insieme agli altri Paesi del sud Europa, dovrebbe decidere l’uscita dall’Euro e promuovere la formazione di un’area economica mediterranea.