A un anno dall’inizio della guerra civile in Mali, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) vuole ricordare che la causa per lo scoppio della guerra non è stata l’attività delle milizie radical-islamiche ma una rivolta della popolazione Tuareg. Il conflitto nella regione Tuareg si trascina ormai da decenni e potrà essere veramente risolto solo al tavolo delle trattative e non certo grazie a interventi militari. Già a partire dalla fine del periodo coloniale negli anni 60′ del secolo scorso i Tuareg hanno iniziato a chiedere maggiori investimenti di sviluppo nella loro regione e maggiore autodeterminazione. Senza un reale riconoscimento dei diritti dei Tuareg non vi sarà quindi nessuna pace duratura nel paese africano.
La classe politica del Mali fa finta di dimenticarsi della tragica situazione nelle regioni settentrionali del paese e chiedendo aiuti militari all’estero tenta tra le altre cose di assicurarsi il proprio potere. L’intervento militare francese e la missione europea di addestramento dell’esercito maliano non devono perciò contribuire a mantenere inalterata la situazione e limitarsi a cacciare le milizie islamiche, ma anzi, la comunità internazionale deve fare pressione affinché il conflitto tra Tuareg e governo centrale venga risolto politicamente, al tavolo delle trattative e nel rispetto dei diritti della minoranza.
Il Mali ha appena concluso un anno terribile in cui il paese, considerato stabile, ha perso in solo pochi mesi il controllo su circa due terzi del proprio territorio. La rivolta Tuareg, che già negli anni ’90 avevano combattuto per il riconoscimento dei loro diritti, era annunciato fin da prima della caduta del regime di Gheddafi in Libia. Il ritorno in Mali dei Tuareg provenienti dalla Libia, armati e militarmente ben addestrati, non ha fatto altro che accentuare una situazione già critica. I Tuareg perlopiù non erano al soldo del dittatore libico ma in seguito alla carestia degli anni 70′ avevano cercato rifugio in Libia dove molti erano entrati a far parte dell’esercito. Accusati in blocco di essere sostenitori del dittatore libico, alla sua caduta si sono visti costretti a lasciare il paese. La classe politica del Mali si definisce vittima della caduta del regime libico ma i suoi problemi con i Tuareg sono iniziati molto prima e la responsabilità ricade sulla stessa classe politica maliana che per anni non ha attuato gli accordi di pace siglati a metà degli anni ’90 tra il governo e i ribelli Tuareg.
Il 17 gennaio 2012 il movimento di liberazione Tuareg MNLA (Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad) ha dato inizio alla rivolta con un attacco alla città di Menaka. Vista la triste condizione dell’esercito del Mali, il MNLA riuscì a guadagnare terreno, avvantaggiata anche dal colpo di stato del comandante Amadou Sanogo del 21 marzo 2012. Il 6 aprile 2012 i Tuareg hanno proclamato l’indipendenza dell’Azawad come primo stato tuareg in Africa. Nella tarda primavera dello stesso anno le milizie radical-islamiche hanno preso il controllo del MNLA e dei territori del Mali settentrionale.
Nel frattempo la maggior parte dei Tuareg si sono resi conto che nessun governo al mondo è interessato a uno stato tuareg indipendente. Ma senza una maggiore autodeterminazione e senza reali sforzi per lo sviluppo della regione sarà impossibile ottenere una pace duratura nel Mali settentrionale.