La 29 enne attivista russa, a colloquio con la corrispondente del Guardian, Miriam Elder, è una delle tre del collettivo Pussy Riot incriminate dopo la “preghiera punk”  nella Cattedrale moscovita.

Yekaterina Samutsevic, parla da donna libera (la sua condanna è stata sospesa dal tribunale d’appello) e di come dopo la performance fatta all’interno del luogo sacro russo, siano sorti altri problemi: “il sistema giuridico, il problema del sistema carcerario” e di come difendere se stessi in qualsiasi caso. “Altri problemi – sostiene l’attivista- sono emersi, incluso il problema della cultura politica nella nostra società e nel nostro governo”. La loro azione, artistica e politica, è stata presa per azione criminale ed è questo uno dei passaggi più interessanti dell’intervista, col il quale spiega come le autorità hanno rigettato tutto ciò.

La Yekaterina Samutsevic nella sua dichiarazione di chiusura durante il suo processo inveì contro Putin e il suo Stato di non-diritto così: “Perché Putin sente il bisogno di sfruttare la religione ortodossa e la sua estetica? Dopo tutto, egli avrebbe potuto impiegare i suoi strumenti di potere, decisamente più secolari – per esempio, le imprese controllate dallo Stato, o il suo minaccioso sistema poliziesco, oppure il suo obbediente sistema giudiziario. Può darsi che le dure e fallimentari politiche del governo Putin, l’incidente del sottomarino Kursk, il bombardamento di civili alla luce del giorno e altri spiacevoli momenti della sua carriera politica lo abbiano costretto a riflettere sulla possibilità che fosse venuto il momento di dare le dimissioni; altrimenti, i cittadini russi lo avrebbero aiutato a farlo. Apparentemente, è stato allora che ha sentito il bisogno di garanzie più persuasive e trascendenti per la sua lunga permanenza al vertice del potere. É stato allora che è diventato necessario fare uso dell’estetica della religione ortodossa, che è storicamente associata al massimo splendore della Russia imperiale, quando il potere veniva non dalle manifestazioni terrene come le elezioni democratiche e la società civile, ma da Dio stesso”.

La performance venne considerata atto di vandalismo e per questo due attiviste stanno ancora pagando con il carcere: Maria Alekhina e Nadezhda Tolokonnikova. Proprio in questi giorni, Maria aveva scritto dal carcere descrivendo il luogo come “un mondo morto”, “l’anti-vita”: “Tutto è grigio qui intorno. Anche se è di un altro colore, contiene un elemento grigio. Tutto: gli edifici, il cibo, il cielo, le parole”. Parla anche delle altre prigioniere e di come: Tutto ciò che le detenute fanno è cercare di accumulare punti per la libertà condizionata. Non serve personalità, servono persone abituate alle cose”.

A questo link

http://www.guardian.co.uk/music/video/2012/dec/27/pussy-riot-free-speak-group-video

si può seguire l’intervista completa.