L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) teme una ulteriore escalation della violenza nel cosiddetto conflitto Mapuche in Cile. Le forti tensioni tra la popolazione Mapuche che lotta per vedere riconosciuti i suoi diritti alla terra ancestrale da una parte e i latifondisti, le imprese agrarie e forestali che oggi posseggono e/o utilizzano la terra mapuche dall’altra, rischiano di andare fuori controllo e trasformarsi in aperta violenza. Il governo cileno deve finalmente avviare un dialogo serio e sincero con la popolazione e le organizzazioni Mapuche invece di continuare ad acutizzare il conflitto stazionando sempre più forze dell’ordine nella regione e utilizzando la legge antiterrorismo emanata durante la dittatura militare di Pinochet per perseguire e criminalizzare le richieste e proteste mapuche.
In seguito alla morte violenta dei coniugi Werner Luchsinger e Vivianne McKay, sul cui fondo cinque anni fa fu ucciso da un agente di polizia il giovane Mapuche Matía Catrileo durante una pacifica occupazione di terra, le minacce contro la popolazione Mapuche da parte del gruppo di estrema destra Hernan Trizano hanno ulteriormente aggravato la situazione. La famiglia Luchsinger possiede nella regione oltre 1.200 ettari di terreno rivendicati dalle vicine comunità mapuche.
Nel frattempo le organizzazioni mapuche e il comune di Temuco hanno invitato il presidente cileno Sebastian Piñera e i rappresentanti della società civile cilena a un vertice che dovrebbe svolgersi il prossimo 16 gennaio a Temuco. Rappresentanti della Chiesa cattolica e il premio Nobel per la Pace Adolfo Perez Esquivel hanno chiesto al governo di prendere sul serio le richieste dei Mapuche e di avviare trattative reali. Complessivamente la popolazione e le comunità mapuche chiedono la restituzione di almeno 700.000 ettari di terra che erano già stati loro restituiti con la riforma agraria di Salvador Allende (1970-1973) e subito dopo riespropriati dalla dittatura militare del generale Augusto Pinochet.
A secondo delle fonti, in Cile vivono tra 800.000 e 1.400.000 Mapuche. Le pesanti violazioni dei diritti umani nei loro confronti e la mancata volontà da parte dei vari governi post-dittatoriali per il reale riconoscimento dei loro diritti e quindi per una reale soluzione del conflitto crea, soprattutto nei giovani, una crescente esasperazione e amarezza. L’agenzia statale Conadi, tra i cui compiti figurerebbe anche l’acquisto di terre dai latifondisti e dalle imprese per restituirle ai Mapuche, non dispone dei necessari mezzi finanziari e istituzionali per poter assolvere in modo soddisfacente ai propri compiti. A ciò si aggiunge la persecuzione e la criminalizzazione degli attivisti dei movimenti mapuche per il recupero delle terre, etichettati come terroristi e giudicati secondo la legge anti-terrorismo, emanata durante la dittatura militare per eliminare l’opposizione. Di conseguenze gli attivisti Mapuche vengono condannati a pene detentive e pecuniarie sproporzionatamente alte, i minorenni vengono processati e condannati come se fossero adulti. I Mapuche detenuti continuano a rischiare la propria vita con scioperi della fame prolungati, che sono ormai l’unica possibilità loro rimasta per ottenere l’attenzione sulla situazione delle loro comunità. Inoltre si moltiplicano le denunce di perquisizioni particolarmente brutali, di maltrattamenti e trattamenti umilianti in carcere. I rappresentanti delle comunità mapuche infine lamentano il clima di paura in cui crescono i bambini. Dal 2002 ad oggi 8 esponenti Mapuche sono stati uccisi dalle forze dell’ordine.