Riportiamo la lettera aperta scritta da Lella Bigatti, partecipante al Partito Umanista e all’Associazione ONLUS Senza Confine per lo Sviluppo dei Popoli, con la richiesta a chi ne condivide la profonda indignazione e le riflessioni che l’accompagnano di raccogliere adesioni e farla circolare il più possibile.
Ci troviamo di fronte ai primi effetti di questa nuova “guerra” che ci viene contrabbandata come crisi economico- finanziaria. Siamo in emergenza ma non ce ne rendiamo conto. Nel frattempo assistiamo inermi (di fronte) a (singoli) casi individuali di povertà estrema, che porta all’annientamento delle vite umane, (primo) sintomo di una guerra economica che sta già producendo le sue prime vittime. La chiamo guerra proprio perché il primo scopo di una guerra è quello di distruggere l’economia e, di conseguenza, le vite delle persone. La situazione di progressivo impoverimento generalizzato, che si sta verificando nel nostro Paese, non è un fallimento individuale, come erroneamente alcuni suppongono, ma si tratta dell’avanzamento di un magma sociale che sta per coinvolgere tutti.
Voglio mettere in evidenza un caso che mi lascia nel cuore sgomento e profonda tristezza; al fine di non farlo restare un caso isolato, inghiottito dal buco nero del silenzio, voglio farlo conoscere all’opinione pubblica affinché possa servire a far riflettere sull’urgenza della situazione nella quale ci troviamo, per mettere in atto misure di emergenza e di denuncia.
Racconto il caso che purtroppo è ormai uno tra i tanti: un immigrato senegalese di 41 anni (Ali Li, ragazzone forte di bell’aspetto, timido e riservato, estremamente gentile, con alti e saldi principi morali ed umani, con moglie ed un figlio), residente da circa 8 anni in Italia, perde un anno fa il suo lavoro di operaio e non riesce a trovare altre alternative se non un occasionale lavoro di autista per una cooperativa che gli consente di guadagnare pochi soldi alla giornata, non sufficienti per vivere. La situazione pertanto degenera progressivamente: non riesce a pagarsi l’affitto, non riesce a restituire un prestito preso da una banca (in precedenza) per aiutare la sua famiglia, che è rimasta in Senegal e che lui non può più mantenere, generando in questo modo rapporti tesi con i suoi cari. Entra così in un circuito dal quale non riesce più ad uscire. Non avendo più un tetto, si trova a dover dormire in macchina. Si vergogna di questa situazione e non ne parla con nessuno, finché si isola sempre di più. Arriva l’inverno e la notte del 3 dicembre scorso Ali muore in macchina, parcheggiata in Via Breda a cavallo tra Sesto San Giovanni e Milano, vicino ai giardini; non si sa ancora se per infarto o per mancanza di ossigeno a causa del riscaldamento tenuto acceso.
Siamo stati chiamati (in qualità di amici di un associazione ONLUS con la quale era stato in contatto anni fa) per l’identificazione del corpo avvenuta ieri, e siamo così risaliti a questi fatti dopo aver svolto varie ricerche.
Che dire di fronte a un caso mostruoso come questo? Posso solo esprimere il mio sdegno e la mia inquietudine per il futuro che ci attende ed al quale mi ribello.
Ogni giorno si assiste al progressivo annientamento di vite umane nell’anello più debole della nostra società: gli stranieri. Come mosche stanno “morendo” a causa della perdita del lavoro; persone che, sottopagate, hanno contribuito a produrre ricchezza per molte imprese e ad incrementare le casse dei contributi dello Stato. Persone che si trovano ad affrontare da sole questa cosiddetta crisi (così come ce la contrabbandano) o, per meglio dire, questa guerra finanziaria, che sta coinvolgendo tutti, per primi loro e poi, progressivamente, il ceto medio di questo Paese. Un Paese che dovrebbe essere civile ed accogliente, un Paese che in situazioni di emergenza dovrebbe fornire l’assistenza necessaria a chi si trova in difficoltà e non lasciare sole le persone davanti a questo gigantesco mostro.
Di quale civiltà stiamo parlando, a quale modello di società stiamo aspirando? Una società che mette al centro il denaro, il profitto, la speculazione finanziaria, le grandi banche e i più potenti gruppi economici, manovrato da una minoranza che decide sulla vita delle persone… non è questo quello che la gente vuole e di cui ha bisogno!
Dall’altra parte assistiamo alla disintegrazione del tessuto sociale, che impedisce l’aggregazione di insiemi umani importanti che possano dire “basta” a questa situazione che ci tocca vivere, mentre le condizioni delle persone più colpite degenerano drammaticamente. Purtroppo l’inazione lascia il cammino aperto a maggiori disuguaglianze e ingiustizie.
È giunto il tempo di arrestare tutto questo! È necessario scegliere le condizioni nelle quali vogliamo vivere! È necessario considerare che la propria azione arriverà più in là di se stessi e sarà comunque così, con maggiore o minore influenza a seconda delle proprie possibilità.
È necessario avanzare verso il futuro a cui aspiriamo! Una società in cui ogni essere umano abbia il diritto di vivere una vita decente: questa ormai è una necessità per tutti. È necessario che la vita delle persone venga messa al primo posto, che siano garantiti lavoro, salute ed educazione per tutti, che la gente possa ottenere sostegno nel momento del bisogno e dell’emergenza. È necessario che si inneschi un processo virtuoso per la crescita del lavoro per tutti senza distinzione, è necessario rendersi conto che il processo sociale porta in modo inarrestabile ad una società multietnica, che costituisce una grande ricchezza da valorizzare. È necessario che le persone possano decidere sulle scelte fondamentali che le riguardano invece di affidare una delega incondizionata a chi viene eletto. È sommamente necessario, infine, che l’economia sia uno strumento per generare ricchezza per tutti e non solo per pochi. E molto altro che la gente sa, ma che andrà costruito insieme a tutti.
Chiedo a chi condivide questo pensiero di farlo circolare, affinché si possa rompere questo muro d’indifferenza e apatia e si possano unire le forze per costruire insieme il futuro che auspichiamo.
Le adesioni vanno inviate alla mail lbigatti@gmail.com, specificando l’eventuale appartenenza a un’organizzazione.