Il Parlamento pensi bene prima di dare ai generali troppi soldi per le armi

Dopo l’approvazione al Senato e la contingentazione della discussione in Commissione Difesa alla Camera, il Governo Monti e il suo Ministro della Difesa Ammiraglio Di Paola potrebbero avere a breve la delega a riformare le Forze Armate. Senza un chiaro riferimento per i propri compiti e con diverse decisioni problematiche che potrebbero essere irreversibili. E tutte a vantaggio di acquisti di nuovi armamenti, per la grande felicità dell’industria bellica.

Nubi all’orizzonte per quanto riguarda il riordino delle Forze Armate, previsto come provvedimento per tamponare le spese ma voluto in realtà per avvantaggiare l’industria bellica. Il Parlamento sta infatti concludendo in tutta fretta l’iter di discussione per arrivare ad una Legge Delega al Governo sulla materia prima della chiusura di inizio Gennaio prevista per le incombenti elezioni politiche. Il Senato ha già approvato per suo conto il testo sottoposto dal Ministro Di Paola già da qualche mese, apportando diverse modifiche che però non vanno a stravolgere l’impianto di riforma nel suo complesso.

Studiato per riequilibrare una spesa militare italiana troppo sbilanciata sul personale e gli stipendi (senza contare il gravoso e privilegiato peso pensionistico del comparto militare), il provvedimento sembrerebbe andare incontro alle esigenze di taglio della spesa pubblica che tanto stanno incidendo su tutti i ministeri e le amministrazioni. Ma facendolo in tempi molto lunghi, mentre tutto il resto viene tagliato quasi immediatamente, e soprattutto non andando a toccare l’altra parte della spesa: quella che serve a comprare nuovi, sofisticati, inutili e soprattutto costosi armamenti.

“In più lo strumento di delega non permette un controllo completo da parte parlamentare – commenta Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – perché la decisione finale su molti aspetti, che possono sembrare di dettaglio ma non lo sono, alla fine spetterà al Governo. Anzi al ministro-ammiraglio Di Paola che riuscirà nel suo intento (dimostrato fin dal suo insediamento) di ridisegnare le Forze Armate secondo la sua prospettiva”. E ottenendo un risultato impossibile ad altri: in tempi di spending-review un militare riformerà il comparto militare, come non è dato fare per gli insegnanti e gli studenti sulla scuola, o per i pensionati sulle pensioni, o per medici e pazienti sulla sanità…

Viste le marce forzate con cui si sta approvando il provvedimento di delega, non sarebbe stato possibile arrivare ad una Legge completamente scritta dal Parlamento negli stessi tempi? “Anche perché una tale solerzia non si è vista in altre questioni riguardanti gli armamenti – sottolinea Giorgio Beretta analista di Rete Disarmo e OPAL – tanto è vero che, nonostante nostre numerose sollecitazioni, da anni le Camere non discutono i dati sull’export militare italiano. Eppure le nostre armi finiscono nei luoghi più caldi della terra alimentando conflitti cruenti e sanguinosi. Non sarebbe il caso di capire se tali vendite siano davvero allineate alle nostre intenzioni e alla nostra politica estera (oltre che al diritto internazionale e al livello di diritti umani di molte popolazioni del globo)?”.

Nel provvedimento che si andrà a discutere a breve in aula alla Camera è vero che sono previsti, grazie ad emendamenti votati in Senato, maggiori controlli sulle procedure di acquisizione degli armamenti per le nostre Forze Armate. Ma va sottolineato come tali controlli parlamentari saranno efficaci solo per i programmi di armamento futuri e non già iniziati ad oggi. Salvando quindi da qualsiasi possibile blocco le decine di acquisizioni di sistemi d’arma già in corso (una su tutte i costosissimi e problematici F35), per la gioia dell’industria bellica che così si vede confermati fondi presenti e futuri. Da tempo Rete Italiana per il Disarmo denuncia lo squilibrio e la poca trasparenza (molti costi derivano da fondi non allocati nel Bilancio base della Difesa) nella spesa militare italiana soprattutto per quanto riguarda il numero di effettivi e di ufficiali presenti oggi in pianta organica. Ma la soluzione non è quella prospettata: un drastico taglio sul numero di militari e civili in forza al Ministero di via XX Settembre (tanto che pure le rappresentanze di categoria stanno scendendo sul piede di guerra) solo per mantenere sempre più rosee le prospettive per i costruttori di armi. E ciò non avverrà solo per il futuro: in controtendenza con le diminuzioni draconiane per qualsiasi altro ministero i dati più aggiornati dimostrano come anche per il 2013 ci sarà una crescita nella spesa militare del nostro Paese.

Secondo quanto dettagliato dal Rapporto 2013 della campagna Sbilanciamoci!: “In tre anni, il ministero della Difesa aumenterà del 5,3% le proprie risorse, pari a più di un miliardo di euro. L’aumento è superiore ai tagli previsti dalla Spending Review per il ministero: 236,1 milioni nel 2013, 176,4 milioni nel 2014 e 269,5 milioni di euro nel 2015”.

Come a dire: i sacrifici facciamoli fare alle famiglie, alla scuola, agli enti locali (che infatti proprio ieri si sono lamentati della situazione disastrosa chiedendo tagli all’acquisto di armi e di F35 per dare nuova linfa alle casse dei comuni sempre più povere).

“E non è tutto: questo provvedimento prevede che gli stessi enti locali debbano pagare per eventuali interventi che le Forze Armate andranno a fare in casi di emergenza o come supporto di protezione civile (basta leggere l’articolo 4 della riforma in discussione) – sottolinea Massimo Paolicelli presidente di Associazione Obiettori Nonviolenti – in pratica comuni, province e regioni dovranno pregare che non succeda nulla di grave o problematico al proprio territorio, per non dover rischiare di chiedere un aiuto a pagamento ad una altro organo dello Stato”.

Tutto ciò sta avvenendo sotto un grande silenzio dei media e delle forze politiche, soprattutto di quelle che sostengono il Governo e che in altri consessi sono pronte invece a decantare un maggiore controllo sulla spesa militare. “E ciò succede e viene deciso senza aver definito un quadro serio e realistico di modello di Difesa, cioè degli obiettivi e delle funzioni delle nostre Forze Armate. Come si fa a riformare uno strumento se non si sa dove e come lo si debba usare?” conclude Francesco Vignarca rimarcando la grave debolezza di questo provvedimento e l’ulteriore abdicazione della politica su questi temi.

Per impedire tutto questo Rete Disarmo e le sue realtà aderenti sono pronte alla mobilitazione ed alla massima informazione dell’opinione pubblica su quanto sta avvenendo in Parlamento, invitando fin da ora ad una prima azione sostenendo l’invio di mail ai Deputati organizzato dal sito di Tavola della Pace all’indirizzo http://www.perlapace.it/index.php?id_article=8831