I privati consolidano i loro monopoli, l’illegalità si diffonde mentre la gestione pubblica è un’emergenza continua…
La gestione del ciclo dei rifiuti è da sempre terreno privilegiato di caccia per le cricche criminali. L’Abruzzo, da moltissimi anni, non è esente, anzi vi imperversano cricche e comitati d’affari che perseguono interessi privatistici e criminali, spesso nella connivenza (quando non nel protagonismo diretto!) di chi dovrebbe difendere l’interesse pubblico. Un’interesse pubblico straziato e dilaniato da una gestione sempre più al collasso e che lascia praterie immense all’illecito. Il dossier “Vent’anni di Sodoma”, realizzato da PeaceLink Abruzzo e dall’Associazione Antimafie Rita Atria nel settembre 2011, riportava 29 capitoli di inchieste giudiziarie, impianti gestiti in maniera del tutto arbitraria e non corretta, traffici nazionali e internazionali di rifiuti urbani, speciali o industriali (come ben ha evidenziato la trasmissione “Blu Notte” di Carlo Lucarelli alcune settimane fa l’Abruzzo ne è uno dei crocevia), discariche abusive.
E’ di questi giorni la notizia che l’Italia rischia una mega-multa dall’Unione Europea per 255 discariche illegali(56 milioni di euro e, se non si provvederà, altri 256mila al giorno) mai bonificate. Subito dopo Campania e Calabria, la terza Regione per numero di discariche (37) è l’Abruzzo, a dimostrazione dell’intensa attività delle ecomafie nella Regione ma anche una beffa immensa per i cittadini: come già denunciato nei mesi scorsi quasi metà del territorio regionale (due province, Pescara e Teramo, interamente) non dispone di discariche per lo smaltimento (legale!) dei rifiuti. Lo smaltimento dei rifiuti continua a sprofondare in un collasso sempre più inaccettabile: è cronaca delle scorse settimane una nuova proroga per la gestione provvisoria dei rifiuti pescaresi, in quanto non si riesce a realizzare un bando di gara per l’affidamento del servizio, mentre molti Comuni della Provincia di Chieti si sono visti improvvisamente chiudere, con i camion già carichi, i cancelli dell’impianto del Vastese dove conferivano la frazione organica e costretti (dopo ore affannose) a conferire persino in impianti in Emilia Romagna. L’Abruzzo del 2012 penalizza la raccolta differenziata perché, in una situazione del genere, i Comuni più virtuosi si ritrovano costi molto maggiori.
Ma la Regione Abruzzo non sembra preoccuparsi eccessivamente di queste gravissime carenze impiantistiche. Nei giorni successivi a questa “doppietta della mala-gestione” (sbandierando un 40% che non si è, settimane dopo, avuto la possibilità di verificare in alcun modo) è tornata alla carica con il grande cavallo di battaglia degli ultimi anni: l’incenerimento. Come hanno denunciato, in comunicati stampa separati, WWF e Rifondazione Comunista, mentre la Regione si allontana sempre più dall’Europa (e dalla gestione virtuosa imposta dalla direttiva 98/2008) le Istituzioni continuano a investire denaro, tempo e risorse nella modalità di smaltimento più dannosa, inefficiente, obsoleta e anti-ecologica esistente.
L’incenerimento in questi anni è stato protagonista su due fronti: la propaganda politica e la cronaca giudiziaria. L’inchiesta Re Mida, che il 23 settembre 2010 vide protagonisti imprenditori, assessori regionali e senatori abruzzesi, era imperniata proprio intorno alla costruzione di inceneritori. Un’inchiesta che ha portato ad un processo ancora in corso di cui, nelle scorse settimane, si è vissuto un capitolo tutt’altro che edificante (nel silenzio totale dei media nazionali e dei cosiddetti “anti-casta”): il Parlamento ha negato l’autorizzazione all’uso di moltissime intercettazioni telefoniche che vedevano protagonisti i senatori Di Stefano e Tancredi. La costruzione e la gestione di inceneritori è un business che può portare immensi profitti ai privati che vi riescano ad essere protagonisti. In più, i costi della loro costruzione sono insostenibili per le Amministrazioni Pubbliche. Puntare sull’incenerimento, ancor di più alla luce degli interventi della magistratura inquirente, significa demolire qualsiasi gestione pubblica e regalare un importantissimo settore della vita pubblica ai privati. Senza dimenticare che porta ad abbandonare la gestione virtuosa e l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata a cui obbliga la già citata Direttiva Europea 98/2008 . Il motivo è presto riportato: gli inceneritori, per poter funzionare ed essere produttivi di profitti, hanno bisogno di un’altissima percentuale di rifiuti e la raccolta differenziata, ancor di più in una regione come l’Abruzzo che non è vastissima, sottrae una massa enorme e vitale all’incenerimento.
Impianti sempre più inadeguati (tanto è vero che si penalizzano i Comuni migliori costringendoli ad andare fuori regione), obiettivi europei sempre più lontani, incenerimento dei rifiuti, gestione pubblica che arranca favorendo i privati, cricche criminali sempre in azione (con costi che gravano sempre più sulla collettività). Questo è l’Abruzzo di fine 2012, l’Abruzzo che continuamente aggiorna il suo libro nero e che non sembra minimamente intenzionato a cambiare rotta. Basti pensare che, poco più di un mese fa, il progetto di ampliamento di un impianto già fortemente in sofferenza è stato rinviato dalla Commissione VIA(Valutazione d’Impatto Ambientale) con 8 prescrizioni tra le motivazioni, quasi un intero nuovo progetto. E, tra le prescrizioni, si chiede la cartina con indicata la distanza da un fiume, la gestione delle acque piovane, le distanze da altri insediamenti e … “tutta la documentazione progettuale” prevista dal Decreto Legge sulle discariche…