Costituita lo scorso 24 settembre, l’Associazione di promozione sociale “Casa delle donne di Milano” ha già raggiunto le 300 pre-iscrizioni, che tra breve verranno formalizzate.

Il suo percorso è iniziato il 28 settembre 2011, quando centinaia di donne hanno riempito la Sala Alessi del Comune di Milano per discutere e interloquire con chi governa la città, dando poi vita a tre “tavoli” riguardo temi prioritari come gli spazi, il lavoro e la salute.

E proprio dal “tavolo spazi” è emersa la volontà di dare finalmente risposta a un’esigenza da molto tempo presente nel movimento milanese: avere una Casa delle donne.

“Credo sia importante per la città di Milano, così come accade in altre città italiane ed europee, avere una sede dove sia le donne che non fanno parte di alcuna associazione, sia le associazioni esistenti si possano incontrare.  Dialogare, fare rete e fare progetti, studiare e divertirsi, fare cultura e darsi reciproco riconoscimento e sostegno… Un luogo ‘civico’ di cui sia riconosciuto il ruolo, l’autorevolezza e l’importanza simbolica sia da parte delle donne sia da parte delle istituzioni”, afferma Nicoletta Gandus, che ha appena concluso la sua carriera da magistrata, da tempo fa parte del collettivo “Donne e Diritto” e ora è stata eletta presidente dell’associazione insieme a Stella Okungbowa e Camilla Notarbartolo.

La scelta di una presidenza a tre corrisponde al desiderio di differenziarsi dalla consueta struttura associativa e sottolineare la collegialità e la collaborazione fra tutte.

Nel progetto della Casa uno dei primi obiettivi è “includere”: mettere in campo reti ed esperienze e coinvolgere tutte le donne della città, in particolare le giovani e le migranti. E migrante è Stella Okungbowa, nigeriana e mediatrice culturale, che sottolinea la difficoltà delle donne straniere a far parte della vita cittadina. “Quando arriviamo a Milano, ci colpiscono i palazzi, così chiusi. Chi ci abita? E come faremo a conoscerci noi che veniamo da paesi dove siamo abituate a scambiarci di continuo parole e calore umano?” si chiede. “Ecco, queste barriere che non riusciamo a superare rischiano di dividerci le une dalle altre. L’apertura della Casa delle donne di Milano potrà essere un simbolo di apertura dei palazzi e un invito alle donne straniere affinché escano dal chiuso delle loro case”.

Camilla Notarbartolo, free-lance tuttofare, osserva: “Noi giovani donne i lavori non è che non li troviamo, anzi ne abbiamo troppi, spesso mal pagati, e poco o niente tutelati: in pratica siamo delle acrobate. Quelle di noi che hanno pure dei figli sono doppiamente acrobate. Vorremmo che la Casa fosse un luogo dove incontrarci, stabilire nuove relazioni con altre donne, valorizzare le nostre intelligenze. I figli? In questa casa potremo portarli con noi”.

Questi sono alcuni fra i bisogni e i desideri più sentiti dalle donne, emersi nel corso di un anno di intenso confronto, accesi dibattiti e anche tanta allegria, non al chiuso di una casa privata, ma nella saletta “Ester Angiolini” in via Marino 7 messa a disposizione dalla commissione Pari opportunità del Comune di Milano. Una delle poche volte che le donne come cittadine si sono potute riunire in un luogo “civico” per elaborare un progetto che coinvolga le altre donne della città.

“A mio avviso – dice ancora Nicoletta Gandus – l’esperienza vissuta al tavolo spazi tra donne che per la maggior parte non si conoscevano può essere vista come un esempio di democrazia partecipativa: per noi significa un nuovo dialogo fra soggetti diversi della polis. Un dialogo aperto da alcune esponenti dell’Amministrazione cittadina e in particolare dalla presidente della commissione Pari opportunità, Anita Sonego. Il nostro obiettivo è quello di trovare la strada per dotare finalmente questa città di una Casa delle donne, ossia di una risorsa che risponda al concetto di bene comune”.

 

Info: casadonnemilano@gmail.com

Comunicato stampa di Associazione “Casa delle donne di Milano”