Intervista a Vittorio Agnoletto, membro del Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale.
Dall’8 all’11 novembre si è tenuto il Forum Sociale Europeo Firenze 10+10. Che valutazione ne dai?
Vorrei precisare subito che non si è trattato di un Forum Sociale e forse il nome Firenze 10+10 ha generato una certa confusione. Quello di dieci anni fa è stato un vero Forum, con la partecipazione di migliaia di persone, mentre questo si è risolto più che altro in un incontro tra quadri, tra responsabili e membri di alcune importante associazioni, reti e ONG d’Europa. L’obiettivo era quello di confrontare le attività in corso e verificare possibili campagne comuni e vertenze a livello europeo, sapendo che oggi qualunque cambiamento passa da mobilitazioni e iniziative come minimo a questo livello.
Il dibattito si è svolto tra chi porta avanti e gestisce campagne come quella per l’acqua e la scuola pubblica, contro le grandi opere e il debito e da questo punto di vista le giornate di Firenze hanno rafforzato i legami tra le diverse reti e contribuito a programmi futuri.
Tu però sei piuttosto critico su questa scelta.
Sì e in effetti ho fatto un passo indietro dal Comitato Organizzatore. Al di là della buona volontà e dell’enorme fatica che vanno riconosciute al comitato fiorentino in una situazione molto diversa da quella di dieci anni fa, penso che sia mancata una presa di posizione più esplicita e coraggiosa in senso anti-liberista. La crisi è così grave e la situazione sta precipitando così in fretta che c’è un grande bisogno di mobilitazioni immediate e parole d’ordine condivise che unifichino gli spezzoni di movimento diffusi nel territorio. Avrei preferito un chiaro rifiuto delle misure di austerity imposte dalla Commissione Europea e dalla BCE e il lancio di campagne sul reddito di cittadinanza, la tassazione delle transazioni finanziarie, la difesa dei beni comuni ecc. Così a Firenze sarebbero venute migliaia di persone coinvolte nel vivo dei conflitti sociali.
In questo momento non puoi stare a metà strada: o esprimi con chiarezza una posizione culturale e politica contraria alle misure imposte dalla Commissione Europea, o le condividi. E purtroppo è innegabile che in Europa queste politiche liberiste non siano sostenute solo dalla destra che fa riferimento al gruppo del Partito popolare, ma anche dalla sinistra del Gruppo Socialista. Tra gli organizzatori c’erano associazioni legate a questo gruppo e senz’altro questo ha pesato sul basso profilo del Forum, a cavallo, nel caso italiano, tra chi si oppone al governo Monti e chi lo sostiene.
Rispetto all’idea di partenza, per me quello di Firenze è stato un appuntamento mancato, dovuto anche alla debolezza e alla frammentazione dei movimenti sociali e alla scarsa valorizzazione del ruolo che abbiamo svolto in passato. In fondo quello che dicevamo dieci anni fa sulla finanza e la crisi si è puntualmente verificato, dimostrando che avevamo visto giusto.
Il prossimo Forum Sociale Mondiale si terrà a Tunisi tra il 26 e il 30 marzo 2013. Immagino che la scelta del luogo non sia casuale.
No, infatti. Abbiamo scelto Tunisi all’interno del Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale partendo dal riconoscimento delle istanze laiche e democratiche alla base delle rivolte in Tunisia ed Egitto. Buona parte degli organizzatori delle proteste iniziali erano gruppi laici che avevano partecipato negli anni precedenti ai Forum del Maghreb, di Nairobi e di Bamako. Sono stati loro i primi a muoversi; le organizzazioni musulmane sono venute dopo.
Dunque l’idea di tenere il Forum Mondiale in Tunisia nasce dalla volontà di riconoscere il ruolo delle istanze laiche e democratiche, rafforzarle e offrire loro una sponda che ne dimostri l’esistenza e gli obiettivi, per evitare il trionfo dell’integralismo.
La situazione in Nordafrica è in movimento e il Forum può aiutare tutti questi gruppi, compresi quelli femminili. Le donne sono state tra le protagoniste della primavera araba; riusciranno a mantenere gli spazi conquistati, o verranno schiacciate dalle leggi integraliste? Non credo che la partita sia chiusa e che l’instaurazione di regimi islamici sia scontata.
Un grande punto di domanda riguarda l’atteggiamento del governo tunisino nei confronti del Forum, che attirerà, oltre ai partecipanti, giornalisti da tutto il mondo. Sarà un’interessante verifica della sua laicità e del suo grado di democraticità.
Che significato può avere questo Forum per il resto del mondo?
Per prima cosa, obbligare il movimento mondiale a fare i conti con le vicende del Medio Oriente e in primo luogo con la questione palestinese.
Per noi europei, soprattutto del sud, può essere inoltre l’occasione per rafforzare i rapporti tra le diverse sponde del Mediterraneo e cercare interlocutori in un’Europa che va a due velocità, con il nord che si autonomizza e il sud devastato dalle spietate politiche di austerity.
A causa della crisi la pressione dell’immigrazione è meno forte che in passato; potrebbe quindi esserci più spazio per rivedere la politica europea su questo tema e smantellare un “sistema di sicurezza” che nega un diritto umano fondamentale come il libero movimento delle persone.
Un’ultima osservazione: il Forum di Tunisi sarà anche il banco di prova per capire se la formula del Forum Sociale Mondiale ha ancora un futuro. A mio parere sarà efficace se non sarà solo una palestra di discussioni e confronto, ma riuscirà anche a individuare priorità e a stimolare azioni.