Il Ministro Clini non si è presentato all’appuntamento con Greenpeace – arrivata insieme a una rappresentanza siciliana di amministratori e politici, pescatori e comitati locali – che gli voleva consegnare 57.000 firme contro le trivelle petrolifere nel Canale di Sicilia.
Al suo posto hanno partecipato i Direttori generali responsabili della Valutazione di Impatto Ambientale e della Protezione della Natura e del Mare. “Siamo dispiaciuti che il ministro dell’Ambiente, del Territorio e del Mare non si sia presentato all’incontro, è un segnale di scarsa attenzione nei confronti degli amministratori venuti dalla Sicilia e degli oltre 57mila cittadini che hanno firmato la petizione per dire No alle Trivelle nel Canale” – commenta Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia – ” Parlare con le direzioni generali del Ministero non è l’interlocuzione che cercavamo. Il problema delle trivellazioni è politico. Vogliamo capire da che parte sta il ministro Clini di fronte all’articolo 35 del Decreto ‘Cresci Italia’ che riapre la corsa all’oro nero nelle nostre acque territoriali” – conclude Giannì.
Sono più di 57 mila le persone che hanno firmato l’appello e più di 50 i sindaci che insieme al Governo regionale hanno appoggiato la campagna di Greenpeace “U mari nun si spirtusa” per fermare le trivelle e tutelare il mare del Canale di Sicilia. La volontà dei siciliani e di tutti quelli che amano il mare è chiara: nessun progetto di “petrolizzazione” del Canale, a cominciare dalla piattaforma “Vega B” in corso di autorizzazione al largo di Pozzallo.
Al largo della costa siciliana vi sono già quattro piattaforme attive su concessioni Eni ed Edison e da poco é stata attivata la procedura di VIA (Valutazione di impatto ambientale) per un’ulteriore piattaforma: la Vega B. Greenpeace, con molti altri soggetti, nelle sue osservazioni ha sollevato numerose obiezioni di forma e di sostanza.
“Tutto il petrolio che potrebbe essere estratto dal mare ci basterebbe per meno di due mesi, mentre le piattaforme metterebbero a rischio le economie locali, come il turismo e la pesca, per sempre. – commenta Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace – Quel petrolio conviene solo ai petrolieri e a tutti quelli che vogliono mantenere un pericoloso status quo, a vantaggio dei fossili. Se vogliamo superare la crisi economica, dobbiamo puntare sull’innovazione, le rinnovabili e l’efficienza”.
Oltre alle 29 richieste per cercare petrolio nell’area, di cui 11 già autorizzate, con l’approvazione del Decreto Sviluppo ad agosto, il Governo rimette in gioco ben altre 8 richieste nel Canale di Sicilia che erano state bloccate dal Decreto Prestigiacomo perché troppo vicine alla costa o alle aree protette.
“Dopo questo incontro ci aspettiamo che il Ministro Clini consideri molto seriamente le richieste e le preoccupazioni di migliaia di cittadini. Chiediamo un impegno forte contro le perforazioni off-shore e a favore di provvedimenti efficaci per la tutela del Canale di Sicilia, una delle zone più ricche di biodiversità del Mediterraneo” – aveva dichiarato Giannì rima dell’incontro.
Durante la scorsa estate, Greenpeace con il tour “U Mari Nun Si Spirtusa” ha visitato le principali località della costa meridionale siciliana, tra cui Palermo, San Vito Lo Capo, Trapani, Marsala, Agrigento e Sciacca. Attraverso incontri, proteste degli attivisti e attività di sensibilizzazione l’organizzazione ambientalista ha illustrato qual è la roadmap di tutela del Canale di Sicilia e ha raccolto l’adesione di oltre 50 sindaci, associazioni di pescatori e comitati locali, più di 57 mila cittadini che hanno firmato online, personaggi del mondo della politica e dello spettacolo come Ficarra e Picone, Sergio Friscia, Rita Borsellino, Andrea Camilleri, Roy Paci, Marco Basile e Guido Caprino.