Si terrà domani in molti Paesi del mondo l’evento conclusivo del Global Noise, organizzato dalle reti di Occupy, 15M, YoSoy132ed altri movimenti di attivismo che invitano tutti a scendere in piazza il 13 ottobre muniti di pentole, coperchi e altri utensili. Obiettivo della protesta ‘rumorosa’ è quello di denunciare il sistema attuale e chiedere un cambiamento globale.
Ad un anno dalla protesta dei movimenti degli indignados e quelli Occupy, la protesta globale prende nuove forme e nuovi colori. Così domani 13 ottobre prende il via in tanti paesi del mondo l’evento conclusivo del Global Noise, organizzato dalle reti internazionali di Occupy, 15M, YoSoy132 ed altri movimenti di attivismo.
Per centinaia di città del pianeta verrà attirata l’attenzione dal rumore incessante di pentole, casseruole, coperchi con l’intento di scuotere e sensibilizzare per l’ennesima volta il pianeta sulle tematiche della giustizia sociale e della sopraffazione delle lobby politiche e finanziarie.
La giornata del 13 è la chiusura e la giornata conclusiva di una settimana che ha visto numerosi attivisti, ciascuno nel proprio paese, partecipare ad assemblee, workshop e conferenze sulle tematiche sulle quali si vuole sensibilizzare.
Calcando le tracce già segnate dai movimenti pacifici di protesta nati spontaneamente negli scorsi anni, Global Noise non vuole solamente fermarsi alla denuncia ma mira anche a divenire un simbolo di unità popolare con il quale affermare che è possibile creare nuovi mondi e nuove maniere di vivere.
Il cacelorazo globale del 13 ottobre si estenderà su tanti luoghi del mondo con centinaia di eventi previsti in nome del Global Change. Una protesta globale portata avanti da aggregazioni sociali che avrà un unico denominatore comune, la mobilitazione contro questo sistema, ma che, allo stesso tempo, intende preservare e fare gridare anche le criticità e le problematiche di ogni singola realtà. Così, per esempio, le piazze portoghesi scenderanno in piazza rumorosamente contro la Troika, quelle spagnole contro il debito pubblico, quelle giapponesi per prestare contro il vertice annuale del Fondo Monetario Internazionale e quello della Banca mondiale.
Trascorrono i mesi e gli anni e crescono l’indignazione ed il malessere dei popoli del mondo che si organizzano in varie maniere per esprimerli ed evidenziarli a livello internazionale. Se da un lato, balza sempre alla mente il dubbio sull’effettiva capacità di concretezza dei movimenti popolari, dall’altro è legittimo chiedersi come sia possibile che le classi dirigenti, il cosiddetto potere, sembrano farsi sorde e cieche di fronte ad un evidente malessere sociale che adesso è realmente globale e che, per un verso o un altro, accomuna trasversalmente le popolazioni di tutti i continenti del pianeta.
Abbiamo davvero creato un ‘sistema’ immune e a tenuta stagno che nascondendosi dietro i pilastri della democrazia e del governare la cosa pubblica ne ha opportunisticamente dimenticato il significato?
Masse umane richiedono attenzione, ascolto e condivisione e tale legittima ambizione non può e non deve trasformarsi in impotenza e, ancora peggio, in senso di impotenza. Indipendentemente dalle forme utilizzate e dai movimenti che sono stati creati di volta in volta, ormai da anni è stato inviato un messaggio forte ed univoco che è comunque riuscito a sensibilizzare e svegliare dalla passività tanti cittadini.
È già un importante passo che però non è sufficiente per un reale cambiamento sociale che, oltre a contare su interlocutori illuminati nelle sede amministrative, deve partire dall’impegno personale quotidiano del singolo.
Perché è dal micro che si può riuscire a cambiare il macro nel medio-lungo termine. Perseveriamo.
Per maggiori dettagli sulla manifestazione di Roma consultare la pagina Facebook dell’evento oppure sul sito Agora di Roma.
di Dario Lo Scalzo