La Multiutility del nord decollerà, o è un progetto destinato al fallimento? Ne parliamo con Basilio Rizzo, membro del gruppo consiliare “Sinistra per Pisapia” e Presidente del Consiglio Comunale di Milano.
Che cos’è una Multiutility?
Con questo nome piuttosto pomposo si intende l’erogazione da parte di un unico ente di diversi servizi (acqua, energia, rifiuti, ecc). In precedenza questi erano gestiti dalle municipalizzate di diversi comuni e avevano quindi una dimensione pubblica e locale che, nonostante le nomine politiche, permetteva una vicinanza ai cittadini.
Esempi di Multiutility sono l’A2A (Milano e Brescia), l’IREN (Genova, Torino e altri comuni minori), l’ACEGAS (Trieste), l’HERA (Bologna e altre realtà emiliane) e l’ACEA (Roma). Ognuna di queste si è formata costruendo una rete di alleanze nel territorio. Visto che l’ambito locale cominciava ad andare stretto, è sorta l’idea di una Multiutility del nord che le mettesse insieme.
Quali sono le ragioni della vostra opposizione a questo progetto?
La nostra ostilità nasce innanzitutto dal fatto che la cosiddetta Multiutility del nord porta con sé un rischio di sostanziale privatizzazione. Guardando per esempio nell’A2A (un consiglio di sorveglianza che determina gli indirizzi strategici e un comitato di gestione che si cura appunto della gestione dell’azienda), esiste il rischio concreto che i manager finiscano per avere un’autonomia e un potere eccessivi, insomma, di diventare i padroni. Così prevarrebbero le loro ragioni e non quelle dei cittadini. Come si fa a portare avanti una politica legata al territorio e alle esigenze dei cittadini, se il criterio e l’obiettivo fondamentale diventano la presentazione di un bilancio florido?
Inoltre in questo modo la vicinanza tra erogatore e fruitore dei servizi, un tempo assicurata dalle municipalizzate, verrebbe eliminata e il loro rapporto svuotato e spersonalizzato.
Anche in un mercato liberalizzato può esistere un ente pubblico ben amministrato che, tenendo conto delle esigenze dei cittadini e della posizione geografica, produca utili in un campo specifico e li reinvesta nell’interesse di tutti e non di pochi privati. Nonostante la corruzione dilagante, non è affatto detto che il pubblico funzioni meglio del privato. A questo proposito io dico sempre che il contrario di “privato” non è “pubblico”, ma “collettivo”.
A Milano per il momento l’acqua ha ancora una gestione pubblica ancorché controllata da una Spa (MM), ma a Torino, Genova, Brescia e Bergamo non è così. L’ipotesi della Multitutility porterebbe un cambiamento pericoloso e un bene comune fondamentale come l’acqua potrebbe finire in mano al mercato.
La sentenza della Corte Costituzionale, che in luglio ha dichiarato inammissibile la privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici, potrebbe avere un’influenza su questo progetto?
Senz’altro, ma per quanto sia vincolante, ogni sentenza va rivendicata e difesa con forza. Il movimento per l’acqua pubblica sta lavorando proprio su questo, perché il risultato del referendum non venga vanificato.
Che prospettive vedi quindi per la Multiutility del nord?
Sembra che la fusione tra A2A e IREN incontri crescenti difficoltà. Non la vedo quindi come un “male” inarrestabile. La partita non è persa, abbiamo buone argomentazioni e ragionamenti politici validi (altro che difesa di retroguardia del “vecchio”) contro questo progetto, che dovrebbero trovare ascolto in una maggioranza come quella che sostiene Pisapia. Per questo è fondamentale un’opera di informazione e coinvolgimento dei cittadini. Come sempre, la chiave è la partecipazione.