Amnesty International si e’ detta gravemente preoccupata per la situazione di circa 250 rom nei confronti dei quali, questa mattina a Roma, e’ iniziato lo sgombero forzato dal campo di Tor de’ Cenci, in violazione degli standard internazionali sugli sgomberi. I residenti del campo non sono mai stati consultati in modo effettivo sulla chiusura del campo, ne’ e’ stata loro offerta un’adeguata soluzione abitativa alternativa. L’organizzazione per i diritti umani ha sottolineato il timore che l’unica soluzione offerta dalle autorita’ finira’ per dar luogo all’ulteriore segregazione etnica per le famiglie sgomberate.
Inoltre, secondo Amnesty International, lo sgombero rischia di rendere queste famiglie ancora piu’ vulnerabili a nuove violazioni dei diritti umani, compreso il diritto a un rimedio efficace, a un alloggio adeguato, alla vita familiare, all’istruzione e all’uguaglianza di fronte alla legge.
Le 250 persone, per lo piu’ di origine bosniaca e residenti nel campo di Tor de’ Cenci anche da 16 anni, sono state sgomberate dopo che, il 26 settembre, era stato respinto il loro ricorso al tribunale amministrativo del Lazio contro l’ordinanza del sindaco di Roma che, il 31 luglio, aveva disposto la chiusura del campo per motivi di igiene e di salute.
Lo stesso tribunale amministrativo aveva inizialmente concesso la sospensione dello sgombero e ordinato al Comune di Roma di migliorare le condizioni del campo fino a quando non avesse emesso la sentenza. Una volta che, il 26 settembre, il tribunale ha dato il via libera allo sgombero, l’immediatezza con cui e’ stata eseguita ha di fatto privato i residenti del campo di Tor de’ Cenci del diritto ad appellarsi contro la sentenza. Amnesty International teme che questo trattamento possa configurarsi come discriminatorio, rispetto alle procedure applicabili in caso di sgombero da un alloggio privato o di edilizia pubblica.
Lo sgombero e’ iniziato questa mattina, alla presenza di agenti della polizia locale e nazionale e coi bulldozer che hanno distrutto i container dove le famiglie avevano vissuto per anni.
Contro la chiusura del campo di Tor de’ Cenci, Amnesty International aveva avviato una campagna gia’ nel 2010, in cui metteva in luce il mancato rispetto, da parte del Comune di Roma, degli standard internazionali in materia di sgomberi. Le autorita’ di Roma, sottolinea l’organizzazione per i diritti umani, hanno ripetutamente cercato di chiudere il campo, senza neanche fornire un’adeguata giustificazione legale ai residenti, fino all’ordinanza dl 31 luglio di quest’anno in cui la chiusura, minacciata dal 2008, e’ stata motivata da urgenti ragioni di igiene e salute.
Dal 2010, Amnesty International ha documentato il deterioramento delle condizioni di vita nel campo di Tor de’ Cenci, poiche’ in vista della minacciata chiusura, le autorita’ locali non hanno mantenuto in corretta funzione i servizi e le infrastrutture del campo.
Amnesty International ha inoltre espresso critiche nei confronti dell’assenza di un’effettiva consultazione dei residenti e della mancanza di un’adeguata alternativa abitativa. Le autorita’ di Roma avrebbero offerto un reinsediamento provvisorio in una struttura di emergenza per poi procedere al trasferimento in due campi autorizzati, a Castel Romano e alla Barbuta.
In un documento pubblicato il 12 settembre, Amnesty International aveva rilevato che i campi autorizzati di Roma, compresi quelli di Castel Romano e della Barbuta, costituiscono alloggi etnicamente segregati. Sono destinati solamente ai rom e sono situati in aree remote, esterne alla citta’, in cui i servizi di base tra cui i trasporti pubblici non sono facilmente accessibili. I campi sono recintati, controllati da telecamere a circuito chiuso e nei confronti dei residenti si applicano restrizioni illegali a diritti fondamentali, come quello alla vita familiare.
Amnesty International chiede alle autorita’ di Roma di sospendere lo sgombero dei residenti di Tor de’ Cenci; garantire che abbiano accesso a una riparazione e a un rimedio effettivi, compresa la possibilita’ di ricorrere a un tribunale d’appello contro lo sgombero; garantire altresi’ che qualsiasi reinsediamento, in corso o programmato, avvenga attraverso un’effettiva consultazione con i residenti dei campi e l’offerta di adeguate soluzioni abitative alternative, ivi compreso l’accesso in condizioni di uguaglianza all’edilizia pubblica.
Ulteriori informazioni
La chiusura del campo di Tor de’ Cenci fa parte del ‘Piano Nomadi’, attuato dalle autorita’ di Roma nel contesto della ‘Emergenza Nomadi’ dichiarata dal governo italiano nel maggio 2008. Il ‘Piano Nomadi’ ha l’obiettivo di chiudere i campi informali e quelli ‘tollerati’ e reinsediare i loro residenti in 12 o 13 campi autorizzati: di questi, a Roma, attualmente ve ne sono otto.
Amnesty International aveva criticato la dichiarazione della ‘Emergenza Nomadi’, definendola illegittima e discriminatoria. Stesso giudizio nei confronti del ‘Piano Nomadi’ che, oltre a una serie di carenze, e’ discriminatorio e perpetua e persegue la segregazione etnica nel campo dell’alloggio.
Il campo di Tor de’ Cenci era stato aperto e costruito dal Comune di Roma nel 1995, in un quartiere residenziale con accesso a molti servizi, tra cui le scuole per le bambine e i bambini. Dal 2008, tuttavia, le autorita’ locali avevano iniziato a chiamarlo ‘campo tollerato’, inserendolo tra quelli da chiudere nell’ambito del ‘Piano Nomadi’, e avevano lasciato che le condizioni di vita peggiorassero non mantenendo in corretta funzione le infrastrutture e i servizi del campo.
Amnesty International sta chiedendo alla Commissione europea l’avvio di una procedura d’infrazione contro l’Italia, sulla base della Direttiva sull’uguaglianza razziale (2004/34/EC), a causa del trattamento discriminatorio subito dalle comunita’ rom in relazione al loro diritto a un alloggio adeguato.