Il pomeriggio del 27 agosto 2012, all’interno delle strutture già grigie della sede della Hong Kong & Shanghai Banking Corp, un’aria di desolazione proveniva da tristi sedie e tavoli, dalle tende sporche.
Ma gli occupanti non sono così disperati, si riuniscono e discutono in un clima di amicizia. Un momento di umanità a dimostrazione del successo: il trasloco rappresenta solo un aggiornamento. Un nucleo di individui molto motivati e diversificati – e i cinesi sono molto individualisti – avevano insieme superato incontri suscettibili di portare a divisioni. Il gruppo era sopravvissuto, intatto e pronto a continuare. Nel vento carico di polveri urbane fotografie volteggiavano nella confusione generale dei tanti oggetti accumulati nel corso dei mesi dall’inizio dell’occupazione, il 18 ottobre 2011. Cioè quando un gruppo più intraprendente aveva lasciato la bolgia della manifestazione Occupy nella zona pedonale dell’International Finance Centre per stabilire il proprio campo base nel cuore del principale responsabile del problema dell’accesso al denaro in questa città, divisa tra chi vi può accedere e chi no.
Occupy Wall Street: dispersi.
Occupy London: dispersi.
Occupy Madrid: ancora forte, ma dove esattamente?
Come Stéphane Grueso riassumeva ultimamente parlando con Amy Goodman: “Non siamo un partito. Non siamo un sindacato. Non siamo un’associazione. Siamo delle persone. Vogliamo eliminare la corruzione dalla politica…Ora, oggi, è forse l’inizio”.
A Hong Kong, l’attività prosegue. Finora, nessun comunicato è stato emesso. Non c’è un portavoce che abbia l’autorità per un comunicato finale. Come dice Miss Bonny Jone: “Sarebbe meraviglioso se potessimo avere un campo permamente nel parco vicino agli uffici del governo, persino coltivarci il nostro cibo in quanto comunità dimostrante, e continuare i nostri scambi. Cominciamo ad essere un punto di riferimento, sempre in un processo di apprendimento e di partecipazione”.
Traduzione di Giuseppina Vecchia