1. Che ragioni etiche l’hanno spinta alla decisione di rifiutare la commessa militare per la sua impresa?
Le mie sono ragioni di viscerale rifiuto della guerra e di tutto ciò che vi è legato: non è giusto, soprattutto in un momento di crisi economica come questo, in cui si dovrebbe investire in ben altro, sperperare energie e soldi in qualcosa che serve a distruggere e ad ammazzare.
2. Può descrivere il processo di discussione e consultazione dei dipendenti che ha ratificato questa scelta?
La nostra impresa si occupa di termotecnica, climatizzazione, risparmio energetico e installazione di impianti ad energie rinnovabili. Una collega si è accorta della natura dell’azienda che ci aveva proposto la commessa e ha mandato una mail a tutti, spiegando che non se la sentiva di mettere la nostra professionalità e competenza al servizio di un’industria bellica. La discussione è andata avanti per un po’ via mail, poi c’è stato un primo incontro a cui hanno partecipato 4 persone più sensibili al tema, la cui determinazione ha giocato un ruolo importante. Quindi ho parlato anche con gli altri colleghi. Abbiamo deciso di porre la questione all’interno del Distretto per l’Economia Solidale di Pisa, di cui facciamo parte, descrivendo la situazione e il contrasto tra le ragioni etiche di rifiuto della guerra e la realtà di crisi e cassa integrazione in cui ci trovavamo.
Abbiamo ricevuto rapidamente una risposta incoraggiante, di solidarietà e sostegno. La discussione all’interno dell’azienda è andata avanti fino a decidere di rifiutare la commessa della WASS. Abbiamo comunicato questa decisione al committente e anche al Distretto, che l’ha promossa tra gruppi di acquisto solidale e realtà pacifiste.
Informati della nostra scelta, diversi privati legati al mondo della finanza etica e dei gruppi di acquisto solidale ci hanno contattato per chiederci un preventivo per una caldaia o un impianto solare; indipendentemente dall’esito finale, abbiamo vissuto questo gesto come una forma di sostegno e di incoraggiamento.
3. A suo giudizio, cosa si potrebbe fare perché altre imprese seguano il vostro esempio?
E’ essenziale spargere la voce tra chi condivide questa sensibilità, superando una certa forma di pudore e il timore di apparire troppo pronti ad auto-incensarsi. Ci sono di sicuro altre aziende, attive magari in campi diversi dal nostro, che hanno preso decisioni simili, basate su una scelta etica. Tutto questo va diffuso e pubblicizzato.