Dopo l’annunciato scioglimento delle Camere e la recente “dichiarazione costituzionale” diffusa dai militari, da alcuni giorni migliaia di manifestanti hanno ripreso a occupare la piazza centrale del Cairo, divenuta simbolo della rivoluzione che ha rovesciato il presidente Hosni Mubarak. L’apprensione dei movimenti rivoluzionari e dei partiti islamisti, a cui il voto delle urne aveva consegnato la maggioranza dei seggi in parlamento, è aumentata anche in seguito al rinvio della pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali, inizialmente previsto per giovedì e posticipato, invece, al fine-settimana.
Non accenna a placarsi, intanto, la polemica tra i due candidati al ballottaggio, Mohammed Morsy e Ahmed Shafiq, che rivendicano entrambi la vittoria.
La fiducia dell’opinione pubblica nel fatto che l’esito del voto non sia condizionato da brogli – riferisce il quotidiano Al Ahram – è ai minimi storici, considerato anche che la maggior parte dei giudici che compongono la Commissione elettorale erano stati nominati negli anni di Mubarak. Tra gli avvenimenti che avevano preceduto e infiammato la cosiddetta ‘Primavera egiziana’ va ricordato infatti un voto parlamentare, nel novembre 2010, che aveva visto assegnare il 90% dei seggi al Partito nazionale democratico di maggioranza.
Dal canto loro, i Fratelli musulmani hanno promesso battaglia nel caso in cui la Commissione dovesse annunciare la vittoria di Shafiq, dicendosi sicuri di avere ottenuto almeno il 52% delle preferenze a livello nazionale. E mentre l’Egitto trattiene il fiato in vista degli avvenimenti delle prossime ore, la stampa descrive un paese sull’orlo del precipizio. “L’Egitto sta per esplodere” titola questa mattina il quotidiano Al Watan, preoccupato per come i due fronti contrapposti potrebbero reagire all’annuncio della sconfitta del proprio candidato. Una situazione di alta tensione a cui i militari hanno risposto con “un dispiegamento di forze senza precedenti”, sottolinea Al Masry al Youm, “che non lascia presagire niente di buono”.