In Grecia sta nascendo un piccolo ma crescente
movimento in risposta alla crisi economica e alla possibilità di uscita dall’euro. Alcune città stanno
utilizzando una moneta alternativa per superare i gravi problemi del Paese. Alcuni membri del sistema
pagano per oggetti e servizi con unità locali alternative, o TEM (in greco), e ottengono in cambio beni e
servizi di altri membri della rete.
Tuttavia, l’idea non è nuova. Nel 2001, quando l’economia argentina entrò in crisi ogni provincia produsse
la propria moneta, evitando in questo modo di passare dalle banche che avevano sbarrato le proprie porte
per impedire che la gente ritirasse il proprio denaro.
È in momenti come questo che si “scopre” che “il denaro di uno” in banca in realtà non esiste, che quei
numeri solidi come una roccia che appaiono sui nostri conti correnti non sono nient’altro che rondini
elettroniche virtuali, che navigano a velocità vertiginose attraverso i mercati borsistici del mondo,
guadagnando a favore degli speculatori delle società o della borsa.
Nel sud del Massachusetts, negli Stati Uniti, il Berkshire – un’altra moneta locale – è nata come alternativa al
dollaro ed è una delle monete locali che ha avuto maggiore successo nel Paese.
Il cimarrón in Venezuela, il WIR in Svizzera, LETS – Sistemi Locali di Interscambio Commerciale – nel Regno
Unito, e molti altri sistemi nascono dalla decisione presa in una regione di rispondere a una crisi economica
mediante la creazione di un meccanismo di interscambio locale, che permetta all’economia locale di
mantenersi viva, alla gente di sopravvivere e di continuare a usufruire dei servizi.
Nelle cooperative di credito la stessa filosofia tende a nascere in comunità locali seguendo il principio
per cui il risparmio può essere messo al servizio del finanziamento di progetti locali, in alternativa alla
speculazione o all’accumulazione di conti nei Paradisi Fiscali, come Polly Toynbee lo esprime in modo
poetico nel suo articolo sul Giubileo Reale:
*“Intanto, truffando noi e le economie del mondo, il sole mai illuminerà il dominio della Regina che conta
su più paradisi fiscali che in qualsiasi altro Paese, un arcipelago della vergogna nelle Isole del Canale della
Manica, nell’Isola di Man, nelle Isole Cayman, delle Isole Turks e Caicos, a Gibilterra, nelle isole Bermuda,
nelle Isole Vergini britanniche – e la stessa città di Londra. Sotto lo splendore, la miseria”.*
Un’altra forma di economia che sta prendendo piede man mano che il sistema crolla è il concetto dei
beni comuni. Sono molti gli esempi a sostegno del fatto che quando le risorse condivise (il cibo, la pesca e
Internet) vengono gestisce secondo il principio di regolazione per l’interesse comune e non per il guadagno
privato non regolarizzato, i campi non si inaridiscono, la fauna ittica non si esaurisce e si sviluppano grandi capacità, apparentemente dal nulla, ad uso e consumo di tutti. Per esempio, l’utilizzo di Wikipedia della
licenza Creative Commons, così come i sistemi Linux e Ubuntu, ecc.
L’economista politica statunitense Elinor Ostrom sta conducendo uno studio su Le risorse di uso
comune (sigla inglese RCP ) giungendo a delle conclusioni interessanti. Di fatto, stando agli studi da lei
condotti, il successo di un progetto RCP si basa sui seguenti fattori: *1. Limiti definiti in modo chiaro
(esclusione di attori esterni, che non hanno diritto a partecipare); *2. Norme relative all’appropriazione
e all’approvvigionamento di risorse comuni che si adattino alle condizioni locali; *3. Elezione collettiva
di accordi che forniscano alle persone coinvolte maggiori risorse per partecipare al processo decisionale;
*4. Supervisione effettiva da parte degli istruttori che fanno parte del progetto e rendono conto ai
partecipanti; *5. Scala di sanzioni graduali per i partecipanti che violino le regole della comunità; *6.
Meccanismi di risoluzione dei conflitti economici e facilmente accessibili; *7. Autodeterminazione
della comunità riconosciuta dalle autorità di alto livello; *8. Nel caso di importanti risorse comuni,
l’organizzazione a forma di piramidi multiple di iniziative complementari, con piccoli CPR locali di base.
La domanda è, senza dubbio, se la condizione n. 1 conduce all’inevitabile esclusione degli “emarginati”
e degli “stranieri”, secondo la scala del progetto condiviso. Ulteriori informazioni su questi interessanti
sviluppi nell’universo delle alternative al sistema economico attuale sono reperibili su Wikipedia.
I diversi gruppi di lavoro del movimento Occupare/Indignados stanno studiando queste nuove idee – o forse
non tanto nuove, visto che nel 1649 i True Levellers (veri e propri regolatori) inglesi, conosciuti anche con il
nome di Diggers (ossia scavatori) già si impegnavano in questo genere di azioni.
Le minacce dei mercati continuano a imporre la propria disciplina alla gente comune a beneficio delle
istituzioni finanziarie. Nonostante le severe misure di austerità già imposte, i sacrifici in corso non sono
ancora sufficienti. Il nuovo numero uno del FMI, Christine Lagarde, – che non paga imposte sul proprio
reddito – ha riversato la colpa sui greci, sostenendo che la causa della loro crisi finanziaria sta nel fatto che
non pagano le tasse e la Germania, oltre a insistere su una maggiore austerità, continua ad opporsi all’aiuto
al primo Paese dell’UE che cola a picco, perché popolato da gente “oziosa”, sebbene dati recenti (2008)
dell’OCSE mostrino che i lavoratori greci lavorano in media un 48% in più dei tedeschi.
Non sarebbe la prima volta che il sistema “risolve” una delle sue crisi con una guerra (tanto che è il caso di
chiedersi: cosa sta accadendo in Siria *realmente*?), o servendosi degli immigrati come capro espiatorio ( e ci
sono segnali di una sommossa da parte di movimenti neofascisti in Europa). Pertanto c’è una certa urgenza
di studiare e mettere in pratica esperimenti di modelli economici alternativi, la nostra vita può dipendere
da questo.