Oggi, con un governo di tecnocrati e che hanno in testa solo il dio denaro, i motivi appaiono strettamente economici, ma la sostanza non cambia: ancora una volta il governo italiano ha intenzione di impedire l’ingresso o il semplice passaggio sul suolo patrio di persone in cerca di un futuro diverso da quello che il proprio paese d’origine prospetta loro.
In altre parole, il punto di vista del ministero dell’interno è il seguente:
siccome in Italia i disoccupati sono troppi e il lavoro scarseggia, gli immigrati che sono già nel nostro paese sono più che sufficienti per assorbire l’offerta di lavoro. Le frontiere dovranno essere aperte solo per i cosiddetti stagionali i quali, invece, dovrebbero essere assorbiti dal mercato.
Ad integrazione del suddetto pensiero, la ministra Cancellieri, al fine di risolvere il problema dell’immigrazione clandestina, dichiara: “O i migranti diventeranno indipendenti o saranno rimpatriati”. Indipendenti? In che senso? Quanti italiani saranno in grado diventare indipendenti entro l’anno?
Cambia il tipo di violenza, ma sempre violenza è. Si passa dalla violenza discriminatoria alla violenza economica o, più realisticamente, ad un miscela tra le due, ma il risultato è sempre lo stesso: costringere i migranti alla clandestinità e a rischiare la vita pur di arrivare in Europa. Da decenni, ormai, è evidente che nessun blocco ha mai ridotto il flusso di migrazione e mai lo bloccherà. La disperazione per un presente di povertà e la speranza per un futuro migliore non si bloccano certo con un decreto. L’unico risultato che questi assurdi decreti sono in grado di ottenere è l’aumento del livello di pericolosità dei viaggi della speranza: nell’ultimo anno sono sbarcate 1.056 persone provenienti soprattutto dalla Libia e dalla Tunisia, ma molte altre non sono riuscite nemmeno ad arrivare sulle nostre coste e a tutt’oggi risultano ancora disperse.
Ancora una volta la politica dell’egoismo detta legge e fa le sue vittime. E paradossalmente si da la responsabilità di tali proposte a quella crisi economica figlia proprio della stessa politica dell’egoismo. Ci vuole tanto a capirlo?
Lo chiamano il “governo dei professori”: ma non era meglio chiamare gli studenti?